sabato 15 dicembre 2012

La leva calcistica del... del?


Stasera ho in mente la leva calcistica del…che anno era? Vabè era un’anno: ’83, ’67, ’86. Non fa differenza.

domenica 9 dicembre 2012

avere, essere e andare a male


Tu
Hai delle mani
Grandi
E degli abbracci
Altrettanto grandi
Tu
Hai un colore
Intenso
Per ogni parola
Che graffia

martedì 27 novembre 2012

Budapest

l'ordine è l'architettura della mente
l'architettura è l'ordine della città
la città è l'espressione della socialità

le città sono dei salotti
alcuni più logori altri più brillanti
si mettono in mostra come noi

c'era una casa bellissima
a Budapest
mi parlava di storie passate
seguiva l'ordine delle stanze

di stanza in stanza girovagavo
ascoltando e bevendo discorsi di altri
diversi e lontani adesso non più
questo ho pensato sorridendo al Danubio

lunedì 5 novembre 2012

17maggio2012


Un soffio di vento
Una risata sonora
Un guizzo di luce negli occhi
Ti direi chi sono
In un altro momento
Ti direi d’amarci
È solo che non mi va, capisci?

domenica 28 ottobre 2012

28 ottobre 2012

HO DIVISO LA VITA IN TANTI PICCOLI PEZZETTINI
CHE LASCIO ACCARTOCCIATI LUNGO IL MIO CAMMINO
SONO FRAMMENTI SENZA SIGNIFICATO DI UN TESORO DI POCO VALORE
NON RACCOGLIETELI, NON LEGGETELI
LASCIATELI LI, DOVE LE INTEMPERIE LI DISTRUGGERANNO
L'OBLIO È IL LORO SCOPO, LA FINE LA MIA RICERCA

mercoledì 17 ottobre 2012

12 agosto 2011


Quanto celeste su questi monti della mia terra. Questo agosto di terra, di pietre e di pochi arbusti. E quanto è verde questa terra! Il bosco ci invita ad entrare con fare gentile. E noi camminiamo. Camminiamo sui sassi, sulle foglie, sulla terra del sottobosco, tra i rami dei lecci, ci fermiamo ogni tanto ad osservare un fiore raro, o una farfalla dalle ali particolari. Altre volte si cammina invece in maniera più incalzante, quasi di corsa, perché il sentiero è li davanti a te e ti porta a percorrerlo, ti trascina in lui.
Ma che avessi sandali ai piedi, o buone scarpe da montagna, non ho mai avuto paura di cadere. Quando sono in città invece, e salgo o scendo le scale, mi sento sempre in equilibrio precario e mi immagino rovinose cadute e ruzzoloni.
Dubito di me stessa tutti i giorni in cui mi muovo nell’artificialità dei palazzi costruiti, delle scale in cemento, ma non ho un solo istante di paura quando scivolo sopra una foglia del sottobosco, perché subito riprendo equilibrio e ricomincio a correre, a volare, tra gli alberi e le nuvole.

giovedì 4 ottobre 2012

A tempo determinato



Stiamo vivendo un periodo storico in cui pare essere stato abolito il concetto di eternità. Per carità, in certi casi non è un male, abbiamo forse in questo modo ridimensionato il nostro ego, ci siamo finalmente visti in prospettiva, ci siamo fatti piccoli piccoli e forse anche un po’ più umili. Il concetto di eternità a volte è dannoso.

martedì 2 ottobre 2012

15/8/2012 h 22:27



Pensieri imbottigliati
Ombre che avanzano incerte
Come illuminate da fragili fiammiferi
Ancheggiando sulla strada
Un piede poi l’altro
L’ombra e le figure
Il ragazzo di strada con il cappuccio
(...a ferragosto?!)
Il tizio grasso che porta fuori il cane
La strada di casa che si trova a memoria
Piccoli passi di danza
Grandi sorrisi dalle solide radici
Situazioni che nascono
E situazioni che muoiono
C’est la vie
Demain à Paris
Ne rideremo di gusto
“Bonne nuit, mon amour!”

giovedì 13 settembre 2012

Pioggia e Sole


Fin tanto che agosto ruggiva
di caldo e di sole,
spazzando i pensieri col vento,
ogni cosa sembrava reale
o almeno possibile.

Ora c’è musica
e odore di pioggia:
tamburellano le gocce
tra i ritmi di bossanova.

Le tue braccia sono lontane,
ricordo di un futuro malconcio,
che ci troverà stanchi
prima ancora di passare.

Ma che sia almeno lo stupore
di non averlo saputo presagire
ad asciugare via da questa pioggia
l’amarezza della prevedibilità.

lunedì 10 settembre 2012

orizzontale e verticale (madre e padre)


Sarà quel figlio che non ho madre
che si dibatte dentro di me
per dichiarare il senso di me stessa
a farmi dormire serena.

Quando la luna mi guarda oppure no
sento la terra e il mio sangue
e non li posso ignorare, madre
mentre a piedi nudi danzo
su passi inventati.


Sarà la scelta e la consapevolezza padre
ad illuminare quel poco
che mi permette di tenere alta la testa
su questo sentiero che diventa strada.

Il  futuro è una linea verticale
e io farò quel che potrò, padre
tra i ricordi la polvere e il sangue
per salire sempre più in alto
e non cadere mai.

sabato 1 settembre 2012

luna blu (ovvero: il maglione)


Sa di te ed è bello come te
L’ho preso e l’ho buttato addosso alle transenne
Per liberarmene mentre ballando
Il vestito senza spalline mi scendeva un po’
Scoprendo il segno del costume sul seno
Con un gesto asimmetrico tra pensiero e volontà
I capelli di lato e gli occhi al cantante, bello anche lui
Ho lasciato scoperti il collo e la spalla
Li ho lasciati alla luna, rivolgendomi al palco
Ma la sentivo colpirmi la schiena, luna piena
Luna blu.

mercoledì 29 agosto 2012

la mattina


Attimi
Momenti fugaci
Istanti che passano al volo
Alcuni sono belli come le farfalle
Che ti si poggiano sul naso
Altri fastidiosi come le zanzare
E ti lasciano il prurito

Prima di dormire recito
I miei pensieri a memoria
Faccio di sì con la testa
E mentre scivolo nel sonno
Mi dico “domani lo faccio…”
Ma poi al mattino
Solo del sogno ho il ricordo

E mentre faccio colazione
Do l’acqua alle piante
Che gentili, ringraziano
Col loro profumo
Basilico, salvia, rosmarino
Buongiorno!

venerdì 24 agosto 2012

...e basta.

voglio un campo di grano bruciato dal sole
con le nuvole che mi porto da casa
bianco azzurro e giallo i colori negli occhi

voglio i soffioni da soffiare nel vento
mentre sdraiata sto lì ad osservare
il punto d'orizzonte tra terra e cielo

lunedì 30 luglio 2012

il riso e il pianto hanno un suono simile, se non le vedi occhi e labbra potresti confonderli

Ci sono situazioni da capire e ci sono situazioni da scoprire, parole da dire e parole da pubblicare. Cose da dire a bassa voce, sussurrate all’orecchio, e parole da pensare sperando che vengano sentite da orecchie allenate. Ci sono sempre io davanti allo specchio, che mi confronto e mi confondo, come sempre, ma così mi rassicuro, anche se questo consiste nel constatare che sotto ai miei piedi c’è come al solito una specie di burrone. Sono sempre io che cerco le mie ali, e costantemente sforzo tutti i muscoli del corpo per trovare quel limite, che ormai temo di non avere, ma che continuerò a cercare, per avere un maledetto scopo nella vita. E torno a casa e mi guardo intorno, guardo le tue mani, nonna, piccole e bianchissime, mentre le tengo tra le mie accompagnandoti verso il tavolo da pranzo, e mi guardi e mi dici che hai fame e che mi state aspettando da tanto, da troppo tempo. E così almeno mi sento carica di senso, mi vedo attraverso i tuoi occhi anziani che mi sorridono e mi dicono “andrà tutto bene, andrà tutto bene”, mantra ripetuto e recitato solo da chi ormai lo sa, che è proprio vero, che andrà tutto bene. Perché, perché va bene in ogni caso? E perché dovrei avere paura della morte? Mi sento priva di difese, mi sento cedere all’evidenza degli stati fisici semplici, e mi sembra che non ci sia cosa migliore che io possa fare, per essere al sicuro.

sabato 14 luglio 2012

equilibrio



C’è una scala che regge un telo, sul mio balcone, in modo che mi faccia ombra nelle ore più calde del giorno. L’ho messo io, e per farlo reggere ho messo le mollette dei panni, e l’ho fissato così precariamente anche al tubo dell’acqua e alle ante di legno degli scuri. È il telo arancione che uso per i pic nic, o per rivestire il materasso rovinato che sta sul bancale esterno a mo’ di divanetto. L’ho comprato a Terni quel telo gigante, l’ho preso con mia mamma il primo anno che sono venuta a vivere a Roma. Si è sempre rivelato essere una delle cose più utili e versatili che abbia mai avuto. Ora lo vedo volteggiare a seconda di come soffia il vento, ma nella sua precarietà è da stamattina che si tiene in equilibrio. Alcune volte qualche molletta salta, ma che importa? Ci sono qua io a prendermene cura e a rimetterlo a posto, le poche volte che ce n’è bisogno. Mi sento come quel telo, precaria come lui, tenuta in piedi per i capelli, da mani invisibili che hanno cura di me. Grazie del sole, del cielo azzurro, del vento tra i capelli, e dell’equilibrio che c’è, anche quando non sembra.

lunedì 2 luglio 2012

LUGLIO

si arroventano i pensieri
sotto questo sole di luglio

mi concentro per capire
ma riesco solo a sentire
un progressivo cedere
mi arrendo a questo abbraccio
e faccio quello che posso
per esporre al calore
tutta la pelle che ho

mercoledì 20 giugno 2012

non adesso


No
Non ancora
Non adesso
Non di nuovo
Non così presto
“Aspettami
Non sono pronta”
(sì lo so che sono in ritardo, io sono sempre in ritardo!)
Non arrivo mai in tempo
Trovo già tutto pronto
O ancora tutto da fare
È una linea che gira (grazie Francesco)
E non si ferma mai
Mi coglie sempre alla sprovvista
Sprovvista di tutto
Macchina fotografica compresa
“Torno su un momento a prenderla”
Ed ecco che è già passata
E poi ritorna quando non me l’aspetto più
Mi sveglia strofinandomi la faccia
Sporca di rimmel e col segno del cuscino
Aspetta, aspettami, aspettatemi
“Arrivo, arrivo
Sono già quasi uscita
Sono già quasi pronta”
Ma non lo sarò mai del tutto
Ci sarà sempre una scarpa slacciata
O gli occhiali che non trovo
Ché poi senza non metto a fuoco
Potrei inciampare senza farlo apposta
Però ho rimesso lo smalto
E ho i capelli lunghi e belli
“Scusami, ecco: ho fatto il prima possibile.
Sì lo so che sono in ritardo, ma grazie di avermi aspettata.”
E tu, e voi
Perdonatemi, perché sarò sempre in ritardo
Non sarò mai pronta in tempo
E non avrò mai tutto a posto
Ogni volta ci sarà qualcosa
O la borsa o le scarpe o il sorriso
Sbagliati
Sarò sempre incasinata
Ho rotto l’orologio tanto tempo fa
Ma non trovo mai il tempo di ripararlo

lunedì 11 giugno 2012

neve

la neve bianca, soffice
la neve pura e candida

con gli occhi pieni
di questo candore
ti avvicini e la prendi
a mani nude e calde

ma provi dolore
e freddo: ti brucia.
e tra le dita arrossate
si scioglie per sempre

...la neve.

domenica 10 giugno 2012

pioggia di lacrime


Ti voglio bene, ma non so di quale amore
vorrei vedere in te ciò che desidero
un giorno svegliandomi
trovarti per caso accanto a me nel letto
che dormi tranquillo e al sicuro

Sicuro di me e sicuro di noi
vorrei stupirmi che è tutto vero
svegliarti con un pizzico
ed esser felice del poco dolore reale
che ti ho fatto per paura che non eri reale

Vorrei amarti come mi ami tu
e trovarmi bene e al sicuro anche io

Anche se sono carta e mi bagno
e poi mi dissolvo
tra le tue dita che mi hanno creduta vera
almeno per un po’

Con le tue lacrime scivolano le mie parole

sabato 2 giugno 2012

non so chi sono


non so cosa sono, non so chi sono
non so se ho i capelli lunghi o corti
lisci o ricci, non so cosa sono.
non c’è possibilità di soluzione
la seduzione è reale
e anche se le parole migliori
mi vengono da sbronza
sento di avere un sorriso buono
in tasca, e mentre ci frugo dentro
mi addormento
dormono i miei sensi
appoggiati a ieri
intorno non c’è niente
solo neve, e dei passi
questo grande schermo
questo grande vuoto
e la follia di fare

venerdì 25 maggio 2012

di te, finalmente parlo di te


Di te
Non ho mai parlato
Mai scritto niente
Dei tuoi occhi
Del profilo delle sopracciglia
E di quel piccolo neo su quella destra
Come il mio
Però ci penso spesso a quest’inverno passato con te:
Abbiamo visto cadere la neve insieme dalla mia stanza
L’abbiamo vista posarsi silenziosamente su Roma
Mentre abbracciati, guardavamo dal vetro appannato
Tu mi tenevi per la vita e io appoggiavo la testa sul tuo petto
dolcemente
bevendo una tazza di tè
Che non ci piaceva nemmeno poi tanto
Però era importante
Come ogni altro piccolo dettaglio descritto
Come ogni pensiero che si trasformava in parole sulle nostre labbra
Di te non ho mai scritto
Non ho mai detto di amarti
Però forse è stata solo una dimenticanza
E ora che tu non ci sei più
Che io e te non siamo più niente
Forse posso ammetterlo

E posso anche ammettere
Senza vergogna
Che mi hai ferita
Moltissimo

Di te
Non ho mai parlato davvero
Ho scritto un po’ di come mi sono sentita attraverso di te
Ma non ho mai descritto i tuoi occhi
O le tue mani
O quella stupida foto che ci ritrae insieme
In cui siamo bellissimi
E tu hai gli occhi chiusi, la mano sulla fronte e si intravede quel neo sul sopracciglio
Quel neo proprio identico al mio
Con te è stato il festival delle prime volte
La prima volta che ho ascoltato la tua voce, col fiato mozzato..
La prima volta che ti ho visto
Che ha coinciso quasi immediatamente con la prima volta che mi hai baciata
La prima volta che ti ho preso la mano
Violentemente, come a volerti dire che eri mio
La prima volta che abbiamo fatto l’amore
Ti ricordi? Eravamo a casa tua e io tremavo di paura ed eravamo ubriachi e abbiamo fatto tanto rumore
Soprattutto nei nostri cuori
E poi, la prima volta che ti ho scritto, la prima volta che tu hai scritto a me
Vorticavano i nostri pensieri
Ci siamo incasinati notevolmente a vicenda
Siamo stati inopportuni quanto basta davanti a tutti
Siamo stati bellissimi e tragici
Perché in fondo, lo sapevamo già

Ecco, forse quello che non ti ho detto, è che lo sapevo già
Che siamo stati un fuoco fatuo
E anche se mi manchi
Non vorrei mai più incontrarti

Di te
Non ho più memoria
Gli amici mi chiedono come va
E tu non sei nemmeno contemplato nelle risposte
Al punto che gli altri per sapere di te
Devono pronunciare il tuo nome
Allora
Ma solo allora
mi ricordo di te
però sei lontanissimo
Mi domando se sia stato un sogno e basta
Visitare tutti quei luoghi abbandonati insieme a te
Entrare nella loro oscurità
Mano nella mano
Affrontando la paura delle tenebre
Quelle di fuori e quelle interiori
E tu  ti aggrappavi a me
Come un bambino
Mi hai sempre considerato la più forte tra i due
E io alla fine non ce l’ho fatta
A reggere tutto il peso
E siamo crollati
Castello di sabbia
E come la sabbia adesso siamo indecifrabili

Indistinguibile l’ingresso
E anche se ritrovassimo la chiave
in nessun modo potremmo mai tornarvi dentro
perché l’ingresso ormai è solo sabbia

mercoledì 9 maggio 2012

vintage


La città è un salottino
dove tutti si conoscono
una danza dalle regole non scritte
si tramanda con i gesti e con gli sguardi
ci sono gruppi seduti sui vari divani
vecchi e logori, rattoppati mille volte
c’è qualcuno in poltrona da solo
o con una dama appoggiata al bracciolo
c’è chi sta alla finestra
perso nel fumo e nei ricordi
ma tutti si conoscono
e ogni passo di danza
è imparato a memoria
così c’è un momento
in cui la musica cambia
e i gruppi seduti si alzano e si confondono
si sfiorano a vicenda mimando la vita
cambiano gli equilibri
ma i marciapiedi sono quelli
sempre uguali
sempre gli stessi
e tutti si conoscono
e la danza ormai la conosciamo
a memoria.

domenica 29 aprile 2012

tu, io, noi.


Hai cambiato idea, cara amica. Scusami, mi permetti di chiamarti così?
Anche se davvero credo di non averti mai vista in faccia, e che i tuoi capelli rossi intravisti in foto erano solo un riflesso dei miei, e la tua voce solo un’intuizione, e attraverso di lei anche l’immaginarmi  i tuoi occhi.
Ti ho costruita nella mia testa e mi hai fatto paura, in un primo momento. Non volevo. Non dovevi. Non c’era bisogno.

E invece sì. Non ricordo quando né in quale stato mentale, ma ho preso coraggio e ti ho fatto diventare reale. E tu sei proprio come me, cara amica. E sì, continuerò a chiamarti così.
Ti ho ritratta forte e coraggiosa. Saprai di certo cosa fare, per non morire soffocata da croci che non meriti.
Eccolo, il mio consiglio non voluto, temuto come le mie labbra a venti centimetri dalle tue, e i nostri occhi che si guardano fissi. Spaventate e tremendamente vicine e dannatamente distanti. 

Ma io davvero ho chiesto aiuto e ringrazio. Ma io davvero sono commossa a guardare quei pezzi di vetro, sanguinanti come le nostre mani, con i riflessi dei nostri giovani visi di donne.

Solo una cosa volevo dirti: sii forte, perdonati sempre, amati, trattati bene. Sempre, con affetto, tua G.

mercoledì 18 aprile 2012

che stupido il mio cuore
quando non vuole sentire ragione
e testardo si attarda
a pensare l'attesa
come la madre incinta
che attende
tra l'ansia e la gioia
di un pensiero quasi mistico
il suo bambino

che sciocco il mio cuore
quando sente d'avere ragione
facendo a pugni con la ragione
in un ring nel quale i due pugili
sono io e provo dolore
per l'uno e per l'altro
e comunque sempre
nell'attesa di qualcosa
che qualcuno vinca
che qualcuno perda
e che torni la pace

giovedì 12 aprile 2012

puntoquattro

dimmi che ci sei e che mi vuoi ancora
dimmi che sei vero e che mi tieni la mano

che non sono solo vecchi tramonti
o gocce di latte perdute nel lavello

le mattine che ti svegli
e che non mi trovi accanto


(scritto centocinquantanni fa, scherzo ma comunque almeno dieci anni fa)

sabato 7 aprile 2012

Libertà (?)


Libera
È così che ora mi sento
Come strumento nelle tue mani
Ho lasciato  che mi suonassi
Mi sono lasciata esplorare a fondo
Ti ho permesso di suonare tutto
Perfino le corde più nascoste
Mi sono abbandonata
Al gioco sapiente delle tue mani
E posso dire che insieme
Siamo stati straordinari
In fondo a quel lago nero
Che ci stava soffocando
Alla fine, in qualche modo
Che non so bene spiegare
Tu hai smesso di suonarmi
Io ho smesso di concedertelo
E siamo tornati ad essere due
E io per conto mio
Mi sento di nuovo
E ancora una volta
Libera

sabato 31 marzo 2012

Sono ancora qua


E prego dio
E corteggio il destino
E rido e piango
E amo
Mentre cerco
Certo
Di capire
Tutto e niente
E vivo
Ecco
Sì, vivo.

martedì 6 marzo 2012

Dire Addio


Era difficile stare lì, davanti a quella cassetta appesa alla colonna, davanti alla stazione. Che materiale era? Ghisa, forse. La gente mi passava attorno, l’altoparlante annunciava i treni, i ritardi e anche i treni dei desideri. C’ero io , davanti alla cassetta postale, focalizzavo solo il rosso della ghisa e intorno a me uno sfondo futurista come da elevata esposizione del rullino: strisce colorate, gialle, luminose…mi ritornava giustamente alla memoria una fotografia trovata per terra, giunta a me da lontano, in una busta, proprio nello stesso modo in cui io mi accingevo a comunicare in quel momento.
Busta in mano. Controllo ancora una volta il francobollo. “Cristo, ma quando è stata l’ultima volta che ho affrancato una lettera vera?”
La busta è bianca, di quelle corte, peccato: avrei preferito averne una di quelle lunghe, per poter piegare i fogli in tre parti per il verso della lunghezza, ma tant’è, avevo quella in casa, e allora ho piegato i fogli prima in due, e poi in quattro. La soppeso, cercando di capire se pesi più o meno dei venti grammi per cui, se li superasse, mi tornerebbe indietro non avendo pagato il supplemento. La giro e la rigiro tra le mani, controllo l’ortografia, sembra leggibile, anche il mittente è chiaro. Sto lì incerta, non so in quale delle due feritoie inserirla, perché hanno cancellato le scritte, una è per la città e l’altra per tutte le altre destinazioni, questo me lo ricordo, però non mi ricordo se devo metterla a destra o a sinistra. Sono incerta e quando faccio per lasciarla, la controllo ancora una volta, cerco di convincermi che arriverà da qualche parte, cioè, che arriverà alla destinazione prescelta, ma mi si stringe il cuore alla sensazione di stare per affidare le mie parole ad un buco nero, da quale non so se usciranno mai e nemmeno quando saranno ricevute. Se, saranno ricevute. Cerco di sbirciare nell’oscurità all’interno della cassetta, ma non vedo niente. Magari la mia è l’unica lettera inviata quel giorno. C’è scritto: “ritiro, dal lunedì al venerdì, ore 12”
Sono le 11:45, basta. Lascio cadere la busta nella fessura a destra. Appena lasciata il desiderio istintivo di riprenderla è forte. Ma è impossibile. Anche l’irreversibilità del gesto mi lascia sconcertata. Vorrei gridare e chiedere aiuto attorno a me, “aiutatemi, voglio riprendermi la lettera, la voglio toccare, la voglio toccare ancora una volta, aiutatemi a rompere, a fracassare questa cassetta di ghisa rossa”.
E invece, devo dirle addio per sempre. Mi allontano, me ne vado mentre si sfoca dentro me il ricordo della consistenza della carta, e anche quello che contiene, e tutto quello che mi porto dietro io, invece, è un’infinita malinconia, il desiderio di restare, qualche grammo di tristezza, che passerà, come sempre. Come tutto.

mercoledì 4 gennaio 2012

messaggi oscuri e voglia di ridere


Io in fondo non c’entro niente, non ho colpe, posso fare e disfare sempre e come voglio. Mi dico così ma poi lo so che non è vero. Che la vita è fatta male e nemmeno io sono inconsistente come una piuma, gravito sul mondo come chiunque altro e, come chiunque altro, posso far male.

Vuole comunicare ma non sa che cosa, nel provarci escono frasi sdentate e forse il vino con l’età davvero annebbia il giudizio.

Moralità!
Malditesta, altro che moralità, ci siamo bevuti cose a caso e nemmeno quello è bastato per evitare di ridere. Ma per fortuna! Che noia sarebbe altrimenti. Ma tu, lo sai tu, cosa vuoi da me? Io non lo so. Mi guardo allo specchio e penso che le vacanze mi fanno male, c’è ignavia e indolenza. C’è anche tanta fantasia, però ci sono messaggi oscuri che mi stanno dicendo qualcosa ma non riesco a decifrarli. Nell’attesa di capire provo a prendermi poco sul serio e vado in cucina in cerca di qualcosa che mi faccia passare il malditesta.

Si è decisa per un sano e nutriente yogurt ai millecinquecento cereali che fabenedepurasgonfiaesnellisce… (come la tisana: “snellente”, dice la confezione. Mi domando se questo participio presente sia vero anche dopo uno dei qualsiasi pranzi di queste feste…”che snellisce”! Ma come fa?! Con il potere delle parole?!?)

E quindi no…ecco…niente…è che…insomma sì buono lo yogurt però… “vede vostro onore: erano lì, proprio davanti ai miei occhi, avrei potuto essere più forte, ma! Vede, che ci vuole fare! È la determinazione che mi manca!”
Oh basta insomma! C’è il pane, le salsicce secche…non ho fatto colazione…però lo yogurt lo mangio lo stesso dopo, magari qualcosa fa.

Dubbi amletici si dipanano ora sull’incommensurabilità tra pane e salsiccia e lo yogurt.

Nonostante il delirio il malditesta non passa, io ho sbagliato a incollare i due pezzi di forex, nutro dei dubbi sull’utilità di qualunque cosa e vedo le parole sbiadire fino a scomparire.
Prima di lasciare questo pezzo di carta virtuale cito il post-it attaccato allo schermo, tanto per consolidare la mia solita prassi e il mio amore per le citazioni: “ricordarsi di essere felici ogni volta che si può”.