
C’è una scala che regge
un telo, sul mio balcone, in modo che mi faccia ombra nelle ore più calde del
giorno. L’ho messo io, e per farlo reggere ho messo le mollette dei panni, e l’ho
fissato così precariamente anche al tubo dell’acqua e alle ante di legno degli
scuri. È il telo arancione che uso per i pic nic, o per rivestire il materasso
rovinato che sta sul bancale esterno a mo’ di divanetto. L’ho comprato a Terni
quel telo gigante, l’ho preso con mia mamma il primo anno che sono venuta a
vivere a Roma. Si è sempre rivelato essere una delle cose più utili e versatili
che abbia mai avuto. Ora lo vedo volteggiare a seconda di come soffia il vento,
ma nella sua precarietà è da stamattina che si tiene in equilibrio. Alcune volte
qualche molletta salta, ma che importa? Ci sono qua io a prendermene cura e a
rimetterlo a posto, le poche volte che ce n’è bisogno. Mi sento come quel telo,
precaria come lui, tenuta in piedi per i capelli, da mani invisibili che hanno cura
di me. Grazie del sole, del cielo azzurro, del vento tra i capelli, e dell’equilibrio
che c’è, anche quando non sembra.
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