domenica 4 ottobre 2009

....di getto!

Qualcosa andava pur fatto. Qualcosa andava pur detto. E infine, qualcosa andava pur scritto.
Roma cinque di pomeriggio. Notte insonne e treno troppo veloce. Perdo il senso del tempo così… Sbornia colossale il venerdì per aver sottovalutato le proprietà devastanti del moijto e crisi di esplosione liturgica fiorentina mi hanno stravolto il week end in maniera imprevista e alla fine gradevole. Ascoltando la musica sul pc mi accorgo che c’è troppo rock, rock progressive, rock anni 70-80-90, indie rock, sperimentale…nulla per ragionare, per meditare, su cui immaginare sogni e spiriti, e infine vedere la lucina lontana di piacere nervoso e puramente mentale. Ho solo potente rock vigoroso ed energizzante. Apparte che sembra la pubblicità di qualche doccia schiuma, appartiene alla sfera degli stati d’animo vitali propositivi, nulla a che vedere con quelli patologicamente e volutamente contorti e concentrati su se stessi, momento in cui mi trovo adesso, ma ancora per poco perché gli effetti del treno troppo veloce portano ad indigestioni umorali e a subitanee svanizioni di sensazioni. Odio i treni veloci. Odio qualsiasi cosa sia troppo veloce. Devo sedimentare immagini, devo bloccare gli istanti almeno un secondo per poterne fare qualcosa di buono per il futuro. Ma non so nemmeno io che significa. Solo che suona bene e il concetto in fondo è sempre lo stesso. Ad ogni alba ci aspettiamo di provare le stesse nuove sensazioni di sempre, mai arricchite dal ricordo dell’alba precedente, vogliamo la purezza dell’immagine, e non averla lascia sempre un po’ di insoddisfazione in più, ogni volta che guardiamo una nuova alba. Fine dell’inizio, inizio della fine, perduti siamo perduti, attenti non lo siamo mai. E ci intossichiamo di verità, quando l’unica cosa vera sono i sogni. Se dovessi raccontare le due serate che si sono succedute quasi senza soluzione di continuità ieri e l’altro ieri, ci sarebbe solo un modo per farlo. Ho sognato.
Colori e suoni antichi, medievali, rumore di alcol e tremore che sa di paura. Ti vedevi traballare dal di fuori, ma non riuscivi a decidere tu come camminare: cosa può essere se non un sogno?
E poi nei sogni succedono sempre cose impossibili nella realtà, e che quando ci svegliamo non ricordiamo.
Poi sono entrata in un mondo misterioso, sembrava una stanza, ma ad un certo punto sembrava proprio non avere più le pareti, ci siamo dilatati in un universo parallelo e certamente più bello… parlare e guardare e ascoltare e parlare ancora, fare domande silenziose e non ricevere scioccanti verità stile colpo di scena finale come nei film di massa americani, ma sentire - e sapere che si sta per sentire proprio quello - frasi chiare, semplici e giuste, seguire il rumore dei pensieri dell’altro e dire che sì: ok, sono perfettamente d’accordo, e la cosa più bella è che lo sapevo. Non può essere distrutta una cosa così. Mai. E dove potrebbe esserci un finale migliore se non in un sogno?
“Where is my mind” dei Pixies finalmente comincia a darmi ragione sullo stato mentale, credo che anche questo esseri inanimati in realtà abbiano un’anima, e che la casualità delle canzoni sia dettata da invisibili quanto misteriosi flussi che traspongono le mie emozioni in bit e matrici binarie che il computer capisce, scegliendo di conseguenza le canzoni adatte al mio umore di adesso…certo, ci ha messo un po’ per entrare in sintonia, ma scommetto che ormai ci siamo…e Tom Waits mi da ragione!