domenica 29 aprile 2012

tu, io, noi.


Hai cambiato idea, cara amica. Scusami, mi permetti di chiamarti così?
Anche se davvero credo di non averti mai vista in faccia, e che i tuoi capelli rossi intravisti in foto erano solo un riflesso dei miei, e la tua voce solo un’intuizione, e attraverso di lei anche l’immaginarmi  i tuoi occhi.
Ti ho costruita nella mia testa e mi hai fatto paura, in un primo momento. Non volevo. Non dovevi. Non c’era bisogno.

E invece sì. Non ricordo quando né in quale stato mentale, ma ho preso coraggio e ti ho fatto diventare reale. E tu sei proprio come me, cara amica. E sì, continuerò a chiamarti così.
Ti ho ritratta forte e coraggiosa. Saprai di certo cosa fare, per non morire soffocata da croci che non meriti.
Eccolo, il mio consiglio non voluto, temuto come le mie labbra a venti centimetri dalle tue, e i nostri occhi che si guardano fissi. Spaventate e tremendamente vicine e dannatamente distanti. 

Ma io davvero ho chiesto aiuto e ringrazio. Ma io davvero sono commossa a guardare quei pezzi di vetro, sanguinanti come le nostre mani, con i riflessi dei nostri giovani visi di donne.

Solo una cosa volevo dirti: sii forte, perdonati sempre, amati, trattati bene. Sempre, con affetto, tua G.

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