venerdì 25 maggio 2012

di te, finalmente parlo di te


Di te
Non ho mai parlato
Mai scritto niente
Dei tuoi occhi
Del profilo delle sopracciglia
E di quel piccolo neo su quella destra
Come il mio
Però ci penso spesso a quest’inverno passato con te:
Abbiamo visto cadere la neve insieme dalla mia stanza
L’abbiamo vista posarsi silenziosamente su Roma
Mentre abbracciati, guardavamo dal vetro appannato
Tu mi tenevi per la vita e io appoggiavo la testa sul tuo petto
dolcemente
bevendo una tazza di tè
Che non ci piaceva nemmeno poi tanto
Però era importante
Come ogni altro piccolo dettaglio descritto
Come ogni pensiero che si trasformava in parole sulle nostre labbra
Di te non ho mai scritto
Non ho mai detto di amarti
Però forse è stata solo una dimenticanza
E ora che tu non ci sei più
Che io e te non siamo più niente
Forse posso ammetterlo

E posso anche ammettere
Senza vergogna
Che mi hai ferita
Moltissimo

Di te
Non ho mai parlato davvero
Ho scritto un po’ di come mi sono sentita attraverso di te
Ma non ho mai descritto i tuoi occhi
O le tue mani
O quella stupida foto che ci ritrae insieme
In cui siamo bellissimi
E tu hai gli occhi chiusi, la mano sulla fronte e si intravede quel neo sul sopracciglio
Quel neo proprio identico al mio
Con te è stato il festival delle prime volte
La prima volta che ho ascoltato la tua voce, col fiato mozzato..
La prima volta che ti ho visto
Che ha coinciso quasi immediatamente con la prima volta che mi hai baciata
La prima volta che ti ho preso la mano
Violentemente, come a volerti dire che eri mio
La prima volta che abbiamo fatto l’amore
Ti ricordi? Eravamo a casa tua e io tremavo di paura ed eravamo ubriachi e abbiamo fatto tanto rumore
Soprattutto nei nostri cuori
E poi, la prima volta che ti ho scritto, la prima volta che tu hai scritto a me
Vorticavano i nostri pensieri
Ci siamo incasinati notevolmente a vicenda
Siamo stati inopportuni quanto basta davanti a tutti
Siamo stati bellissimi e tragici
Perché in fondo, lo sapevamo già

Ecco, forse quello che non ti ho detto, è che lo sapevo già
Che siamo stati un fuoco fatuo
E anche se mi manchi
Non vorrei mai più incontrarti

Di te
Non ho più memoria
Gli amici mi chiedono come va
E tu non sei nemmeno contemplato nelle risposte
Al punto che gli altri per sapere di te
Devono pronunciare il tuo nome
Allora
Ma solo allora
mi ricordo di te
però sei lontanissimo
Mi domando se sia stato un sogno e basta
Visitare tutti quei luoghi abbandonati insieme a te
Entrare nella loro oscurità
Mano nella mano
Affrontando la paura delle tenebre
Quelle di fuori e quelle interiori
E tu  ti aggrappavi a me
Come un bambino
Mi hai sempre considerato la più forte tra i due
E io alla fine non ce l’ho fatta
A reggere tutto il peso
E siamo crollati
Castello di sabbia
E come la sabbia adesso siamo indecifrabili

Indistinguibile l’ingresso
E anche se ritrovassimo la chiave
in nessun modo potremmo mai tornarvi dentro
perché l’ingresso ormai è solo sabbia

mercoledì 9 maggio 2012

vintage


La città è un salottino
dove tutti si conoscono
una danza dalle regole non scritte
si tramanda con i gesti e con gli sguardi
ci sono gruppi seduti sui vari divani
vecchi e logori, rattoppati mille volte
c’è qualcuno in poltrona da solo
o con una dama appoggiata al bracciolo
c’è chi sta alla finestra
perso nel fumo e nei ricordi
ma tutti si conoscono
e ogni passo di danza
è imparato a memoria
così c’è un momento
in cui la musica cambia
e i gruppi seduti si alzano e si confondono
si sfiorano a vicenda mimando la vita
cambiano gli equilibri
ma i marciapiedi sono quelli
sempre uguali
sempre gli stessi
e tutti si conoscono
e la danza ormai la conosciamo
a memoria.