martedì 13 dicembre 2011

perché?


Vorrei essere più bella di così
ogni giorno più bella
ogni giorno più adatta
più dolce e sensibile
più forte e carismatica
“avere il controllo
un corpo perfetto
una mente perfetta”
sorrido e ti amo
e sarò qui
ci sarò sempre
con le mie mani
i miei capelli
e i miei occhi
sempre gli stessi
ogni anno più vecchi
c’è sempre solo qualcosa
non c’è mai tutto insieme
siamo stanchi
ogni anno più vecchi
disillusi
irragionevolmente ragionevoli
ho sonno
me ne vado

domenica 4 dicembre 2011

seta.


Ci sono sguardi e mani che non avrei mai sperato di poter incontrare
Sono lì: appesi ai bordi sottili di un filo arrugginito
Tutte le mie amicizie. Sono loro a portarmi, in fondo
Portano il peso del mio corpo umano
E del mio spirito grave e sonnolento
Si affacciano piano e senza invadenza
Come seta sulla pelle.

venerdì 2 dicembre 2011

Onestà.


Lo so che non sono niente per te, e che nella tua vita sono paragonabile ad un granello di polvere sul cuscino, che basta un soffio di vento ad alzarlo e mandarlo via lontano. Non ho idea del perché ma ti penso più spesso di quanto ero disposta ad ammettere fino a qualche giorno fa. Vedi, cambio spesso opinione pure io. Tu non sei niente per me, e non eri niente un mese fa, venti giorni fa. Ma sei sempre stato comunque qualcosa, fin da quando ti conosco. Tenerezza, affetto e dolcezza. Compagnia, sì certo: buona e calda compagnia, anche se le mie mani fredde, taglienti come lame,  irrigidiscono ogni possibilità di dialogo. 
Tu sei. 
Basta semplicemente questo, ora che l’ho percepito quasi di nascosto, tra le pesanti pieghe di filtraggio dei sentimenti che si ispessiscono ogni anno che passa, ogni volta che non amiamo più, che rimaniamo duri e freddi, che pensiamo bastare a noi stessi. Tu sei per me qualcosa che non riesco a descrivere a parole e che non rientra nell’ordinario, ma che mi ha stupito, fin dai primi momenti, non so che cosa mi ha colpito di più, tra la tua statura immensa, che mi fa paura, o la tua bellezza, che mi rende muta.
Perché mi piaci come non mi è mai piaciuto nessuno così tanto. E non l’ho mai detto a nessuno e mi vergogno ora, subito, dell’onestà di queste parole. Sono cose che non vanno nemmeno sussurrate, sono cose che se si dicono, hanno il malvagio potere di far morire tutto. Ma io le sto dicendo perché credo sia già morta, per adesso e per i prossimi anni almeno, ogni possibilità per me e per te di far crescere qualunque cosa fosse nata. Sono state le tue parole, è stata la mia tesi e i tuoi impegni. Non me ne faccio un cruccio e sono tranquilla mentre guardo i friabili ricordi di alcuni dettagli dei nostri incontri fugaci. Mi vergogno. Ho provato sensazioni così belle che mi vergogno per quanto non riesco a capire come faccio a meritarle. E ti ringrazio, e ringrazio ogni minuscolo dettaglio del tempo passato, perché mi fa capire sempre tante cose, e quanto sia importante capirsi bene, e capire che questo vale anche e soprattutto per sé stessi.
Tu nella mia vita non eri niente, e ora sei una finestra che affaccia su un mondo bellissimo, ma che è troppo alta per me, e non ho niente con cui potermi arrampicare per aprirla.
Spero di costruirmi una scala, nel frattempo, e poi imparare a salirla.

martedì 15 novembre 2011

va tutto bene


SCUSA, SONO ROMANTICA LO SAI
TU NON CHIAMI MAI

CARO AMICO:

LE NOTTI D’AMORE SONO LEGGERE E SPENSIERATE
IO MI LASCIO INCANTARE DA CERTI DETTAGLI DEGLI OCCHI
CHE  TI FANNO VEDERE LE COSE
DA PROSPETTIVE DIVERSE
NON NECESSARIAMENTE
PER UN LORO  SENSO INTRINSECO.

SONO AVVOLTA DA SENSAZIONI DOLCI
DA LUNGHI ABBRACCI E TENERI SGUARDI
E MI STUPISCO DI TROVARE LA MIA MANO TRA I SUOI CAPELLI
CAREZZARGLI LA GUANCIA
E NON AVERE SCELTA
E STARE BENE E NON SAPERE NIENTE.

MA COMUNQUE VA TUTTO BENE QUI
PENSAVO TI AVREBBE FATTO PIACERE SAPERLO

martedì 8 novembre 2011

Tu e i Limiti Storici


Accarezzarsi il cuore. Non è mai senza dolore. È un desiderio un po’ violento. Bello e arrabbiato. Quando sono alla stazione, con al massimo una valigia leggera, poco prima che il treno si fermi so già che proverò ad attraversare i binari scendendo il gradino della banchina. E appena salto giù dal treno è quello il momento che mi da più allegria: guardo di qua e di là, lungo le prospettive che corrono sui binari, con il mio sguardo un po’ miope ed appannato, ché infatti è solo per far vedere agli altri che ci guardo, che non sono spericolata, ma coscienziosa. Mi piace che la gente non mi guardi dentro. Voglio che sembri tutto normale, dalla mia pelle in fuori.
Ciò che ti rende interessante è il tuo pianoforte immaginario, gli occhi verdi e quel desiderio di ballare, tanto vago quanto arrogante. E con tutta la violenza che poni nel parlare, sei assolutamente fuori luogo e molesto, chiudi la portiera della macchina in faccia ad ogni possibilità di evasione. Forse sei un territorio da esplorare con lentezza, ma che non mi appartiene. Non adesso. Sebbene alla storia lascerò il compito di far diventare bello ogni nostro momento, è molto probabile che saremo rovine di qualcosa mai esistito. Tutti i colori che vedo oggi rispondono a questo. Non sono sbiaditi e fanno male agli occhi per quanto sono luminosi. Sono nuovi fiammanti. Sono colori solidi e netti, dai bordi precisi che delineano il senso del mio stare, del tuo stare. Separati e sovrapposti. Prendimi la mano e spingimi a ballare. Provocami, rincorrimi in gare di pensieri. Però dopo spogliami e fallo con le mani, toccami la pelle e lasciami senza fiato. Poi resta, se vuoi: prendi la tua solitudine e mettila qui, accanto alla mia. Non farmi domande. Vivimi senza pensare. Baciami. 

giovedì 13 ottobre 2011

silenzio.

Non posso fare a meno
di pensare ai contrasti

il silenzio della casa
il temporale là fuori


la sedia controluce
la finestra grigia dietro


l'oscurità dentro casa
la luce piatta là fuori

il terrazzo lattiginoso
piante bagnate di verde

le gocce del lavello in casa
e le macchine rare là fuori

quassù noi stiamo volando
e la terra è un puntino appannato.




sabato 8 ottobre 2011

numero mille di un vago "c'era una volta"

illusioni di felicità
sbalzi di visione e miraggi
di un futuro prossimo
impossibile da decifrare
e immaginare, immaginare figure e corpi

pace e cavalcavia, tramonti in bicicletta
trovarti una, due, trovarti tre volte
volerti rivedere, sentire il tuo sorriso
che è l'unica cosa che conosco
insieme ai tuoi occhi
sentire il tuo sorriso come la sabbia
caldo e amichevole, accogliente
senza chiedere niente

distanze intercontinentali
vorrei gridare, se solo
non ci fosse il vuoto intorno a me
ma proprio perché il vuoto non c'è
io non posso vederti, posso solo sentirti
e questo mi fa male
logora la mia autoironia
scompare tra i miliardi di particelle
che mi dividono da te

sabato 1 ottobre 2011

sbronze da letto

le nostre vite distorte
scarafaggi e letti adolescenti
vanno e vengono le illusioni
le ombre nette e le luci pure
i malditesta da sbronza
e quelli da autocad
i fertilizzanti che scendono
sterili mosse di ogni figura
retorica di frasi umane
riferimenti o configurazioni
da narrare c'è solo
lo scollamento tra il corridoio
e il letto

sabato 24 settembre 2011

le nostre notti

il tuo profilo è davanti a lei
maledici quel naso cubista
sbozzato e male interpretato
di fronte al bicchiere opaco
e al volto soave, leggero di lei
e dolce con gli occhi brillanti
teneramente rivolti a guardare
in basso, al bicchiere giallo
incorniciata dai riccioli
sul tavolo notturno
dieci bottiglie nel lavello
e i piatti sporchi della festa
con la musica sullo sfondo
bluastro del pc che si muove

un'amica è persa dal sonno
tra il cesso e il corridoio
con la nuca poggiata
sul tavolo tra bicchieri di vino
e gloriosi residui di torta
che aspetteranno la mattina
nessuno sa cosa nascondono
quelle braccia incrociate
sul volto livido quasi morto
un passato che non passa
ostenta un amore finito
perché non sarebbe mai
potuto davvero iniziare

e poi...i primi lavori
malpagati e i nostri
sogni aridi e putrefatti
il nostro vino
i nostri tramonti.

il lunedì mattina


la mattina è frizzante e io cammino con le gambe leggere e veloci
sopra una strada che sa ancora di sabbia nei sandali
e io non mi confondo per niente con la gente che va a lavoro il lunedì mattina
con il mio sacco da mare e un pallone buono
con i muscoli che mi sento ancora le racchetta tra le mani -begli scambi!-
e a non saper fare la verticale ti rimane il segno di aver
strusciato il ginocchio sulla sabbia dura e nera.
ma sono serena, ora che guardo i colori che preludono
irrimediabilmente all’autunno, dopo questa nottata di tempesta
fatta di letti singoli appoggiati l’uno all’altro nell’empatia del sonno
mi sento nuovamente colorata di azzurro,  di arancione, e piena di luce.

mercoledì 3 agosto 2011

un sogno.

Cosa scrivere di quei giorni? La cronaca reale dei fatti non assomiglierebbe per niente a quello che è l’illusione che voglio conservare viva. Non so se per entrambi è così. Ho letto qualcosa nei tuoi occhi, che la mia poca esperienza non mi permette di decifrare per bene, eppure essi tradivano qualcosa che mi è sembrato molto simile al mio sogno.
Sai: i fatti reali e i racconti, o la memoria, sono cose assai diverse, e il mio raccontare sta alla vita come le carezze della mattina, che si danno all’amante ancora addormentato, stanno alla notte di passione che le ha precedute.
Chissà cosa si sono detti proprio i nostri occhi, mentre noi biascicavamo a stento parole italiane e spagnole e inglesi … tentando di comunicarci in meno di 24 ore cosa siamo diventati in 24 anni di vita (o di sogno!) su questa terra.
Non so fino a che punto fossero reali o meno le cose che ci siamo detti o gli sguardi che ci siamo dati. E non mi importa. I nostri corpi, quelli sì, qualcosa si sono detti, che va al di là della fisicità, purtroppo (perché non si può mai scindere il sangue e l’anima, anche se credi di sì).
Per me è stato vivere qualcosa di molto raro.  E ho la possibilità di raccontarlo senza cinismo, per come lo ha vissuto la parte più onesta e sincera di me stessa.
Non capita spesso. O meglio quasi mai. E così resterà dentro di me sempre il ricordo dei tuoi occhi e di alcune piccole azioni dolci, e come le tue mani sfioravano la mia pelle, ma soprattutto e di nuovo i tuoi occhi, pieni di passione, dolore e destino.
Perché dolore? Perché c’è stato un deliberato desidero di disubbidire, di pensarci liberi, senza legami.
E il destino, perché? Perché a meno di un miracolo, le nostre vite non si incroceranno mai più.
Quel lunedì, dopo il pranzo da G., sono tornata a casa camminando piano, sotto il sole, tra San Giovanni e l’Esquilino (due dei quartieri più popolari di Roma, pieni di case vecchie e ruderi maestosi), la luce della sera era bella e io mi sentivo ubriaca, guardavo i miei passi, attenta a non guardare indietro, per non perdermi in un limbo o per non trasformarmi in sale. Mescolavo gli ideali e il sangue, mi stupivo di me stessa. Come può essere normale qualcosa che avvicina le persone da continenti diversi per una sera o due, e poi le lascia andare? Non me ne frega niente se molti pensano cinicamente al divertimento di una sera, quello che ha spinto me  è l’eterno bisogno di amore, e il bisogno di credere. Racconto a te queste cose, che abiti in Argentina, un po’ anche perché so che non potrai mai smentirmi: sei già troppo lontano per essere reale.
Mi piace pensare che se avessimo parlato la stessa lingua, se avessimo potuto comunicare più a fondo le nostre passioni, quella luce negli occhi sarebbe diventata qualcosa di più profondo. So anche che verosimilmente tutto questo non è vero e non ha nemmeno senso. Ma per un momento l’ho creduto possibile … poi basta: come una stella cadente o un lampo, o qualcosa che solo si percepisce, senza vedere.

Ecco: è finita. Ieri sentivo ancora la tua mano sfiorarmi la spalla. In futuro dimenticherò ogni dettaglio delle nostre sensazioni fisiche. Alla fine dimenticherò anche i tuoi occhi, e a quel punto sarò costretta a venire a cercarti.

Buona fortuna amico mio.

venerdì 25 marzo 2011

è tutto troppo blu

IL BLUES SUONA SOTTO CASA
CON UNA CIOTOLA D’ORZO RUCOLA E POMODORI
IO LO ASCOLTO IN UN LUOGO INESISTENTE
IN CUI IL CIELO E LA STANZA SONO BAGNATI DAL SOLE
E IL VENTO E LE TENDE MI SUSSURRANO PIANO
CHE STIAMO ANDANDO LONTANO
IL MARE È CALMO
NON UNA NOVULA
LA TEMPESTA È PASSATA
E IO RICORDO ESATTAMENTE I NOMI
DOVE E QUANDO
E STO ANDANDO VIA
FORSE FUGGO
FORSE SONO SERENA
MA TUTTO È TROPPO BLU
E NON IMPORTA

venerdì 18 marzo 2011

parole insonni

non dobbiamo essere artefici di definizioni
dobbiamo prendere la casualità delle parole, degli atti
mimetizzarci nel sintetico e proseguire nei nostri obiettivi
l'amore se ne va
troppe parole pseudomistiche sono state trascritte e
l'esaltazione collettiva al limite dell'epilessia non mi riguarda
non me ne frega niente
buttiamo giù questi scontrini e prendiamo una fottuta birra e
arrabbiamoci con santa coscienza
se prendessimo dall'autodeterminazione quello che ci serve
riusciremmo in fondo ad essere noi stessi, latenti anche
e pure con tutte le nostre idiosincrasie
se ci sono momenti logici o illogici
l'unica cosa che conta adesso è questo braccio nudo
che sta scrivendo le sue migliori parole

e bere acqua e bere vino e fare l'amore e
imbottirsi di quotidianità fino a star male
fino a sentire uscire dalle viscere il vomito individualistico
di quello che non abbiamo perduto
ovviamente ci sei anche tu nei miei pensieri
indivisibile nell'arco di una parola che fa musica
con la seguente e mi accarezza il collo e mi cinge la vita
davanti al lago che senza canoa abbiamo solo guardato
c'è tutto un cosmo di deliri in disuso e
percussione ritmiche di cuori
distanti, vicini, ma sempre asincroni e
confusi e ridondanti e altalenanti

assordante tutto il mistero di cosa provare a pensare e poi parlare
ci fossero ancora le mezze stagioni scrivrei della donna barbona che suonava l'inno d'Italia ieri alla festa
ma che in fondo avevo scambiato per la banda tutta intera
e che delusione veder vendere le bandiere solo dagli immigrati
che delusione non capire per cosa combattere
che delusione
ma io vedo che c'è solo il tempo e la voglia per disegni astratti
di presente inconcludente, che esce dalle vene senza episodi di saggezza
che prende la voce stanca di un remissivo protestare
prende la sua gola e la manda al diavolo

ti do un bacio buono, ti mando a letto pensando al Giappone e spero sempre
come te che il maggior numero di gente capisca il perché essere contro cose come il nucleare
non vorrei più vedere rimandati i discorsi seri
ti voglio dire che lo so che dobbiamo pensare e capire e
anche certi movimenti strani del pensiero vanno bene
perché...siamo matti, sì: siamo tutti abbastanza matti.

lunedì 28 febbraio 2011

Come i bambini come i bambini come i bambini


Gli amici che parlano lingue straniere e si confondono e si sparpagliano per il mondo
E prendono e partono e ci salutano a tutti e poi mi accorgo che perdo bolle insaponate di parole mentre lavo i piatti del giorno prima… e me le scrivo nella mente e poi le bevo nel caffèlatte. E il restauro dei miei coglioni e la bella vita che ci sarà dopo, e tutti gli amici e tutta la vita.
E come mi sento e come ti senti e come mi senti e come ti sento. Leggeri. 
Aspettami lì, sta arrivando la primavera.

mercoledì 9 febbraio 2011

18/12/2010

La verità è che intorpidisce. Il caldo il freddo e CristoNostroSignore. Il problema più lucido che mi sono posta ultimamente è come superare le contingenze. Per il resto devo dire che siamo stati sfortunati.
Sfortuna e aporie si sono susseguite dando al tempo il valore di un attimo in cui capivo, continuamente e nuovamente, che mi amavi a modo tuo. Senza stare lì a dar per scontato un futuro che non ci troverà, perché saremo già lontani allora. O assolutizzare certe rigide dogmatiche sentenze di corpi estranei e imprudenti. Ce l'ho con gli altri nella misura in cui non ti amano. E come mi piace dire "nella misura in cui".
Hai tutti gli indizi necessari per capire.
Guardare bulimicamente mostruosità è la pena che mi affligge da quando hanno inventato facebook. E tu che non ti scuci quasi mai, mi fai pensare che siamo quasi uguali, ma che vorrei vomitare piuttosto che parlare ancora con me stessa.
Ti sto lasciando in eredità qualcosa di più profondo del bilanciamento del bianco su una nikon. Ti sto dicendo che è tardi e cosa abbiamo imparato lo capiremo poi, forse.