giovedì 29 aprile 2010

guarda che luna

guarda la luna stanotte fratello mio
dimentica i rimpianti
falle una fotografia infinita amore mio
dimentica il resto
prendila dentro al cuore
affogaci dentro
dimentica la prudenza
fa' che, appena giri l'angolo tra questi estivi palazzoni romani, ti prenda di schianto questa grande luna in faccia.
affogaci dentro
e dimentica l'angolo.

martedì 20 aprile 2010

e quindi la smetto di avere paura

Certe volte vorrei avere la bacchetta magica, vorrei amare tutto contemporaneamente allo stesso modo, allo stesso tempo, sincronicamente e perfettamente. Mi perdo dietro le mille lucine dei pensieri facili e accattivanti del nulla della mente, che sono fatte di aria è vero, però provengono dalla realtà. Per questo mi ci perdo. Perché mescolare e confondere la vita e il suo suono è sempre stato troppo facile per me. Così mi sembra che il tempo non esista quando sto sull’autobus mentre vado a fare strutturale, e dal finestrino vedo una donna danzare con le mani levate sul marciapiede al di là della strada, la vedo ruotare su se stessa e non capisco e alla fine di un sordo valzer la vedo fare un inchino, rivolgendosi al di là del semaforo … allora mi giro a cercare e… e affondato tra gli alberi di là dal semaforo mi accorgo di un suonatore di fisarmonica…
Poi l’autobus riparte e io mi porto dietro la musica di quel valzer che non ho ascoltato, pigiata tra la folla, tra un mezzo finestrino perché l’altra metà è coperta da una scritta di spray, e tra visi e soprattutto tra capelli e borse e giacconi e soprattutto schiene perché sull’autobus non ci si guarda quasi mai in faccia.
C’è stato un momento, solo un istante, in cui mi sono sentita capace di volare e di raccogliere la coperta che stava in faccia alla fermata del tram, su un ramo spoglio a più di dieci metri da terra. L’ho vista per settimane, poi non l’ho vista più.
E quando vai avanti e indietro a fare mille cose puoi perdere di vista quel surrealismo spettacolare che ti offre anche soltanto la strada, se non hai fretta, vai a piedi e raccogli squarci di irrazionalità buttati lì per essere dimenticati. Come una stampella appesa ad un ramo, come dei papaveri sotto ad un muro di murales e filo spinato, e ti sembra di percepire una certa predisposizione alla catastrofe. E prendi in mano cose senza sostanza che ti pare quasi di perder tempo perché non stai completando l’armatura della soletta rampante per domani, perché ti fermi ad oziare su pensieri e c’è qualcuno –molti veramente- che cercheranno di farti sentire in colpa per essere inconcludente.
Però…
Io dalla vita non mi aspetto cose precise, cerco di viverla con amore e non mi sento di aver sbagliato un bel niente se mi dicono che forse architettura serve a costruire case e quindi datti-una-mossa-spicciati-non-perdere-tempo-a scrivere-stronzate-fai-esperienze-vai-muoviti-cosa-aspetti….
State tutti calmi cazzo!
Anche io voglio fare-vedere-cercare-scoprire-imparare-sentire-toccare-tossire...
Prendo un pezzetto di cielo, imparo una musica nuova, scruto dentro altri occhi cose che posso trovare, e mi accingo a dare quello che posso. Senza barare sul prezzo. Mai. Il prezzo è alto, è caro, carissimo, ci si fa mille volte più male a darsi senza parsimonia. Ma il gioco è tutto lì. “Sii coraggiosa”, mi hanno detto dei riccioli castani, sì sì: prendo ed esco. Mi rialzo subito. Avrò brutti momenti, avrò karmiche ripercussioni di fastidio verso persone che non si meritano il mio carattere brusco, avrò da perdonarmi mille cose e avrò da imparare ancora e ancora molto. Mi sento bene e male allo stesso tempo e non so cosa mi aspetta.  Mi studio la mia architettura con la calma che mi ritrovo: la lentezza, il camminare piano sono le cose che mi permettono di vivere. Ma Parigi e Berlino stanno ancora lì. Lo so che mi aspettano.
Eppoi... dove dovrei correre? E perché mai dovrei correre?!
Un po’ inizialmente lo ammetto: ci baravo. Un po’ di paura dell’ignoto mi faceva fare come Zeno e mi dicevo che potevo fare di tutto, se solo ci avessi provato. Lo dico tanto per far capire ai detrattori che lo conosco il vizio che si nasconde dietro l’ozium. Ma lo so, e anche se ogni tanto la mia indole pigra mi direbbe di rallentare ancora, io cerco di mantenere sempre un certo stato di moto lento, ma rettilineo e uniforme, così che arriverò alla luna, o a Parigi, o dovunque, prima o poi.

Vorrei amare tutto contemporaneamente allo stesso modo. Vorrei temporalmente essere in grado di crearmi cinque o sei dimensioni parallele per vivere pienamente. Vorrei però in fondo mi accorgo che è già tutto qui in queste quattro dimensioni reali, perché già queste mi permettono di sognare e di deformare la verità come più mi piace. Ti sta bene? Sei d’accordo con me? E allora sali su, vieni a camminare insieme a me. Altrimenti vai. Vai dove vuoi e ovunque tu vada io ti porterò con me per quello che mi hai dato, e lo stesso farai tu, inevitabilmente.
Definire…Sono sempre sfumate le cose, e più ci stai vicino peggio è. Fortuna che c’è il tempo. Mi ritrovo ad odiarlo e ad amarlo sempre più spesso, dicotomica relazione che è l’unica a creare momento perché la reazione uguale e opposta intorno a un centro è quello che mi sento, questa energia degli opposti.

E tu e io siamo sempre più idee che carne reale, siamo poli e centri di gravitazione in cerca, siamo milioni di persone e… grazie.


Un senso di gratitudine mi pervade...non so bene perché...

E fare male e far star male e farsi male è un po’ un inconveniente che fa più da stimolo che da freno…per questo rimane il sapore dolciastro del pugno in bocca, insanguinato e rosso.
Tuttavia ad ogni cosa corrisponde una reazione. E io la smetto di avere paura e faccio e dico quello che mi sento. Mi inchino cercando grazia nei miei gesti, per restituire alla vita anche io qualche goccia di splendore. De André perdonami.