sabato 31 marzo 2012

Sono ancora qua


E prego dio
E corteggio il destino
E rido e piango
E amo
Mentre cerco
Certo
Di capire
Tutto e niente
E vivo
Ecco
Sì, vivo.

martedì 6 marzo 2012

Dire Addio


Era difficile stare lì, davanti a quella cassetta appesa alla colonna, davanti alla stazione. Che materiale era? Ghisa, forse. La gente mi passava attorno, l’altoparlante annunciava i treni, i ritardi e anche i treni dei desideri. C’ero io , davanti alla cassetta postale, focalizzavo solo il rosso della ghisa e intorno a me uno sfondo futurista come da elevata esposizione del rullino: strisce colorate, gialle, luminose…mi ritornava giustamente alla memoria una fotografia trovata per terra, giunta a me da lontano, in una busta, proprio nello stesso modo in cui io mi accingevo a comunicare in quel momento.
Busta in mano. Controllo ancora una volta il francobollo. “Cristo, ma quando è stata l’ultima volta che ho affrancato una lettera vera?”
La busta è bianca, di quelle corte, peccato: avrei preferito averne una di quelle lunghe, per poter piegare i fogli in tre parti per il verso della lunghezza, ma tant’è, avevo quella in casa, e allora ho piegato i fogli prima in due, e poi in quattro. La soppeso, cercando di capire se pesi più o meno dei venti grammi per cui, se li superasse, mi tornerebbe indietro non avendo pagato il supplemento. La giro e la rigiro tra le mani, controllo l’ortografia, sembra leggibile, anche il mittente è chiaro. Sto lì incerta, non so in quale delle due feritoie inserirla, perché hanno cancellato le scritte, una è per la città e l’altra per tutte le altre destinazioni, questo me lo ricordo, però non mi ricordo se devo metterla a destra o a sinistra. Sono incerta e quando faccio per lasciarla, la controllo ancora una volta, cerco di convincermi che arriverà da qualche parte, cioè, che arriverà alla destinazione prescelta, ma mi si stringe il cuore alla sensazione di stare per affidare le mie parole ad un buco nero, da quale non so se usciranno mai e nemmeno quando saranno ricevute. Se, saranno ricevute. Cerco di sbirciare nell’oscurità all’interno della cassetta, ma non vedo niente. Magari la mia è l’unica lettera inviata quel giorno. C’è scritto: “ritiro, dal lunedì al venerdì, ore 12”
Sono le 11:45, basta. Lascio cadere la busta nella fessura a destra. Appena lasciata il desiderio istintivo di riprenderla è forte. Ma è impossibile. Anche l’irreversibilità del gesto mi lascia sconcertata. Vorrei gridare e chiedere aiuto attorno a me, “aiutatemi, voglio riprendermi la lettera, la voglio toccare, la voglio toccare ancora una volta, aiutatemi a rompere, a fracassare questa cassetta di ghisa rossa”.
E invece, devo dirle addio per sempre. Mi allontano, me ne vado mentre si sfoca dentro me il ricordo della consistenza della carta, e anche quello che contiene, e tutto quello che mi porto dietro io, invece, è un’infinita malinconia, il desiderio di restare, qualche grammo di tristezza, che passerà, come sempre. Come tutto.