domenica 19 maggio 2013

aspetto


Questa piccola vita ancora non sa
Ancora aspetta
E guarda ancora con occhi sgranati
Guarda quel piccolo cuore
Gonfiarsi e sgonfiarsi
Respirare

martedì 23 aprile 2013

sono aria e sono vento


Ho deciso che parto.

Dove vado? Non si dice, te lo dico dopo che sono arrivata.

(la tendina azzurra respira l’aria che entra ed esce dalla stanza, finestre aperte e sole d’aprile, fiori d’aprile che non vedo ma sento, e soffioni che volano e mi portano lontano)

martedì 19 marzo 2013

amo vederti così


Amo vederti 
indossare quei panni da straccione, 
quando giri nudo 
per dare un verso alla tua strada, 
e ti accendi di desiderio,
scomposto, 
ubriaco, 
bello.
E io, semplicemente, 
amo vederti 
così. 

sabato 9 marzo 2013

legàmi/légami


Tutte le parole d’amore che abbiamo pronunciato
Non sono altro che illusioni riflesse
Nello specchio degli occhi in cui abbiamo creduto
Fratello mio.

C’è stato un tempo in cui correvo verso i miei errori al punto che
Oggi non sono altro che l’ombra di un pugile sconfitto
Ma ero piena di me stessa e tutto quello che avrei potuto vedere
Mi è stato concesso ad intermittenza,
Amico mio.

Ora, invece di ballare, riesco piuttosto soltanto a inciampare

sabato 23 febbraio 2013

inverno



l'inverno è passato
senza fare prigionieri
ha lasciato soltanto
labbra contratte
in smorfie di gelo
mentre dalle spaccature
della terra ghiacciata
usciva il sangue dei feriti
e degli amori traditi

martedì 12 febbraio 2013

la realtà si crea in due, come minimo

mentre cammino per piazza di spagna, e salgo la scalinata di pietre umide con le scarpe di gomma, attenta a non scivolare e a non inciampare nelle domande stupide dei turisti (mi scusi questa è la scalinata di piazza di spagna? ...hmmm io direi proprio di sì ci stiamo sopra, dove credi di stare sugli champs elisées??) sto attenta ai miei pensieri e sto anche attenta alla musica del mio cellulare, che mi isola dagli altri e mi isola anche un po' dai miei pensieri in realtà...ma tant'è. penso dunque sono.

sabato 26 gennaio 2013

lievi torpori

Sì, lo so. So tutto e lo so bene. So cosa passa nella tua testa nelle giornate di pioggia e il motivo preciso per cui non vuoi, non riesci, proprio non ce la fai ad alzarti al suono della sveglia.

mercoledì 16 gennaio 2013

AMORE E SILENZIO


VOGLIO TAPPETI SOTTO I MIEI PIEDI
E AMANTI A CONSOLARE LE NOTTI
COSÌ CHE IL SILENZIO E L’OBLIO
PASSINO INOSSERVATI ACCANTO ALLA MIA FELICITÀ


sabato 15 dicembre 2012

La leva calcistica del... del?


Stasera ho in mente la leva calcistica del…che anno era? Vabè era un’anno: ’83, ’67, ’86. Non fa differenza.

domenica 9 dicembre 2012

avere, essere e andare a male


Tu
Hai delle mani
Grandi
E degli abbracci
Altrettanto grandi
Tu
Hai un colore
Intenso
Per ogni parola
Che graffia

martedì 27 novembre 2012

Budapest

l'ordine è l'architettura della mente
l'architettura è l'ordine della città
la città è l'espressione della socialità

le città sono dei salotti
alcuni più logori altri più brillanti
si mettono in mostra come noi

c'era una casa bellissima
a Budapest
mi parlava di storie passate
seguiva l'ordine delle stanze

di stanza in stanza girovagavo
ascoltando e bevendo discorsi di altri
diversi e lontani adesso non più
questo ho pensato sorridendo al Danubio

lunedì 5 novembre 2012

17maggio2012


Un soffio di vento
Una risata sonora
Un guizzo di luce negli occhi
Ti direi chi sono
In un altro momento
Ti direi d’amarci
È solo che non mi va, capisci?

domenica 28 ottobre 2012

28 ottobre 2012

HO DIVISO LA VITA IN TANTI PICCOLI PEZZETTINI
CHE LASCIO ACCARTOCCIATI LUNGO IL MIO CAMMINO
SONO FRAMMENTI SENZA SIGNIFICATO DI UN TESORO DI POCO VALORE
NON RACCOGLIETELI, NON LEGGETELI
LASCIATELI LI, DOVE LE INTEMPERIE LI DISTRUGGERANNO
L'OBLIO È IL LORO SCOPO, LA FINE LA MIA RICERCA

mercoledì 17 ottobre 2012

12 agosto 2011


Quanto celeste su questi monti della mia terra. Questo agosto di terra, di pietre e di pochi arbusti. E quanto è verde questa terra! Il bosco ci invita ad entrare con fare gentile. E noi camminiamo. Camminiamo sui sassi, sulle foglie, sulla terra del sottobosco, tra i rami dei lecci, ci fermiamo ogni tanto ad osservare un fiore raro, o una farfalla dalle ali particolari. Altre volte si cammina invece in maniera più incalzante, quasi di corsa, perché il sentiero è li davanti a te e ti porta a percorrerlo, ti trascina in lui.
Ma che avessi sandali ai piedi, o buone scarpe da montagna, non ho mai avuto paura di cadere. Quando sono in città invece, e salgo o scendo le scale, mi sento sempre in equilibrio precario e mi immagino rovinose cadute e ruzzoloni.
Dubito di me stessa tutti i giorni in cui mi muovo nell’artificialità dei palazzi costruiti, delle scale in cemento, ma non ho un solo istante di paura quando scivolo sopra una foglia del sottobosco, perché subito riprendo equilibrio e ricomincio a correre, a volare, tra gli alberi e le nuvole.

giovedì 4 ottobre 2012

A tempo determinato



Stiamo vivendo un periodo storico in cui pare essere stato abolito il concetto di eternità. Per carità, in certi casi non è un male, abbiamo forse in questo modo ridimensionato il nostro ego, ci siamo finalmente visti in prospettiva, ci siamo fatti piccoli piccoli e forse anche un po’ più umili. Il concetto di eternità a volte è dannoso.

martedì 2 ottobre 2012

15/8/2012 h 22:27



Pensieri imbottigliati
Ombre che avanzano incerte
Come illuminate da fragili fiammiferi
Ancheggiando sulla strada
Un piede poi l’altro
L’ombra e le figure
Il ragazzo di strada con il cappuccio
(...a ferragosto?!)
Il tizio grasso che porta fuori il cane
La strada di casa che si trova a memoria
Piccoli passi di danza
Grandi sorrisi dalle solide radici
Situazioni che nascono
E situazioni che muoiono
C’est la vie
Demain à Paris
Ne rideremo di gusto
“Bonne nuit, mon amour!”

giovedì 13 settembre 2012

Pioggia e Sole


Fin tanto che agosto ruggiva
di caldo e di sole,
spazzando i pensieri col vento,
ogni cosa sembrava reale
o almeno possibile.

Ora c’è musica
e odore di pioggia:
tamburellano le gocce
tra i ritmi di bossanova.

Le tue braccia sono lontane,
ricordo di un futuro malconcio,
che ci troverà stanchi
prima ancora di passare.

Ma che sia almeno lo stupore
di non averlo saputo presagire
ad asciugare via da questa pioggia
l’amarezza della prevedibilità.

lunedì 10 settembre 2012

orizzontale e verticale (madre e padre)


Sarà quel figlio che non ho madre
che si dibatte dentro di me
per dichiarare il senso di me stessa
a farmi dormire serena.

Quando la luna mi guarda oppure no
sento la terra e il mio sangue
e non li posso ignorare, madre
mentre a piedi nudi danzo
su passi inventati.


Sarà la scelta e la consapevolezza padre
ad illuminare quel poco
che mi permette di tenere alta la testa
su questo sentiero che diventa strada.

Il  futuro è una linea verticale
e io farò quel che potrò, padre
tra i ricordi la polvere e il sangue
per salire sempre più in alto
e non cadere mai.

sabato 1 settembre 2012

luna blu (ovvero: il maglione)


Sa di te ed è bello come te
L’ho preso e l’ho buttato addosso alle transenne
Per liberarmene mentre ballando
Il vestito senza spalline mi scendeva un po’
Scoprendo il segno del costume sul seno
Con un gesto asimmetrico tra pensiero e volontà
I capelli di lato e gli occhi al cantante, bello anche lui
Ho lasciato scoperti il collo e la spalla
Li ho lasciati alla luna, rivolgendomi al palco
Ma la sentivo colpirmi la schiena, luna piena
Luna blu.

mercoledì 29 agosto 2012

la mattina


Attimi
Momenti fugaci
Istanti che passano al volo
Alcuni sono belli come le farfalle
Che ti si poggiano sul naso
Altri fastidiosi come le zanzare
E ti lasciano il prurito

Prima di dormire recito
I miei pensieri a memoria
Faccio di sì con la testa
E mentre scivolo nel sonno
Mi dico “domani lo faccio…”
Ma poi al mattino
Solo del sogno ho il ricordo

E mentre faccio colazione
Do l’acqua alle piante
Che gentili, ringraziano
Col loro profumo
Basilico, salvia, rosmarino
Buongiorno!

venerdì 24 agosto 2012

...e basta.

voglio un campo di grano bruciato dal sole
con le nuvole che mi porto da casa
bianco azzurro e giallo i colori negli occhi

voglio i soffioni da soffiare nel vento
mentre sdraiata sto lì ad osservare
il punto d'orizzonte tra terra e cielo

lunedì 30 luglio 2012

il riso e il pianto hanno un suono simile, se non le vedi occhi e labbra potresti confonderli

Ci sono situazioni da capire e ci sono situazioni da scoprire, parole da dire e parole da pubblicare. Cose da dire a bassa voce, sussurrate all’orecchio, e parole da pensare sperando che vengano sentite da orecchie allenate. Ci sono sempre io davanti allo specchio, che mi confronto e mi confondo, come sempre, ma così mi rassicuro, anche se questo consiste nel constatare che sotto ai miei piedi c’è come al solito una specie di burrone. Sono sempre io che cerco le mie ali, e costantemente sforzo tutti i muscoli del corpo per trovare quel limite, che ormai temo di non avere, ma che continuerò a cercare, per avere un maledetto scopo nella vita. E torno a casa e mi guardo intorno, guardo le tue mani, nonna, piccole e bianchissime, mentre le tengo tra le mie accompagnandoti verso il tavolo da pranzo, e mi guardi e mi dici che hai fame e che mi state aspettando da tanto, da troppo tempo. E così almeno mi sento carica di senso, mi vedo attraverso i tuoi occhi anziani che mi sorridono e mi dicono “andrà tutto bene, andrà tutto bene”, mantra ripetuto e recitato solo da chi ormai lo sa, che è proprio vero, che andrà tutto bene. Perché, perché va bene in ogni caso? E perché dovrei avere paura della morte? Mi sento priva di difese, mi sento cedere all’evidenza degli stati fisici semplici, e mi sembra che non ci sia cosa migliore che io possa fare, per essere al sicuro.

sabato 14 luglio 2012

equilibrio



C’è una scala che regge un telo, sul mio balcone, in modo che mi faccia ombra nelle ore più calde del giorno. L’ho messo io, e per farlo reggere ho messo le mollette dei panni, e l’ho fissato così precariamente anche al tubo dell’acqua e alle ante di legno degli scuri. È il telo arancione che uso per i pic nic, o per rivestire il materasso rovinato che sta sul bancale esterno a mo’ di divanetto. L’ho comprato a Terni quel telo gigante, l’ho preso con mia mamma il primo anno che sono venuta a vivere a Roma. Si è sempre rivelato essere una delle cose più utili e versatili che abbia mai avuto. Ora lo vedo volteggiare a seconda di come soffia il vento, ma nella sua precarietà è da stamattina che si tiene in equilibrio. Alcune volte qualche molletta salta, ma che importa? Ci sono qua io a prendermene cura e a rimetterlo a posto, le poche volte che ce n’è bisogno. Mi sento come quel telo, precaria come lui, tenuta in piedi per i capelli, da mani invisibili che hanno cura di me. Grazie del sole, del cielo azzurro, del vento tra i capelli, e dell’equilibrio che c’è, anche quando non sembra.

lunedì 2 luglio 2012

LUGLIO

si arroventano i pensieri
sotto questo sole di luglio

mi concentro per capire
ma riesco solo a sentire
un progressivo cedere
mi arrendo a questo abbraccio
e faccio quello che posso
per esporre al calore
tutta la pelle che ho

mercoledì 20 giugno 2012

non adesso


No
Non ancora
Non adesso
Non di nuovo
Non così presto
“Aspettami
Non sono pronta”
(sì lo so che sono in ritardo, io sono sempre in ritardo!)
Non arrivo mai in tempo
Trovo già tutto pronto
O ancora tutto da fare
È una linea che gira (grazie Francesco)
E non si ferma mai
Mi coglie sempre alla sprovvista
Sprovvista di tutto
Macchina fotografica compresa
“Torno su un momento a prenderla”
Ed ecco che è già passata
E poi ritorna quando non me l’aspetto più
Mi sveglia strofinandomi la faccia
Sporca di rimmel e col segno del cuscino
Aspetta, aspettami, aspettatemi
“Arrivo, arrivo
Sono già quasi uscita
Sono già quasi pronta”
Ma non lo sarò mai del tutto
Ci sarà sempre una scarpa slacciata
O gli occhiali che non trovo
Ché poi senza non metto a fuoco
Potrei inciampare senza farlo apposta
Però ho rimesso lo smalto
E ho i capelli lunghi e belli
“Scusami, ecco: ho fatto il prima possibile.
Sì lo so che sono in ritardo, ma grazie di avermi aspettata.”
E tu, e voi
Perdonatemi, perché sarò sempre in ritardo
Non sarò mai pronta in tempo
E non avrò mai tutto a posto
Ogni volta ci sarà qualcosa
O la borsa o le scarpe o il sorriso
Sbagliati
Sarò sempre incasinata
Ho rotto l’orologio tanto tempo fa
Ma non trovo mai il tempo di ripararlo

lunedì 11 giugno 2012

neve

la neve bianca, soffice
la neve pura e candida

con gli occhi pieni
di questo candore
ti avvicini e la prendi
a mani nude e calde

ma provi dolore
e freddo: ti brucia.
e tra le dita arrossate
si scioglie per sempre

...la neve.

domenica 10 giugno 2012

pioggia di lacrime


Ti voglio bene, ma non so di quale amore
vorrei vedere in te ciò che desidero
un giorno svegliandomi
trovarti per caso accanto a me nel letto
che dormi tranquillo e al sicuro

Sicuro di me e sicuro di noi
vorrei stupirmi che è tutto vero
svegliarti con un pizzico
ed esser felice del poco dolore reale
che ti ho fatto per paura che non eri reale

Vorrei amarti come mi ami tu
e trovarmi bene e al sicuro anche io

Anche se sono carta e mi bagno
e poi mi dissolvo
tra le tue dita che mi hanno creduta vera
almeno per un po’

Con le tue lacrime scivolano le mie parole

sabato 2 giugno 2012

non so chi sono


non so cosa sono, non so chi sono
non so se ho i capelli lunghi o corti
lisci o ricci, non so cosa sono.
non c’è possibilità di soluzione
la seduzione è reale
e anche se le parole migliori
mi vengono da sbronza
sento di avere un sorriso buono
in tasca, e mentre ci frugo dentro
mi addormento
dormono i miei sensi
appoggiati a ieri
intorno non c’è niente
solo neve, e dei passi
questo grande schermo
questo grande vuoto
e la follia di fare

venerdì 25 maggio 2012

di te, finalmente parlo di te


Di te
Non ho mai parlato
Mai scritto niente
Dei tuoi occhi
Del profilo delle sopracciglia
E di quel piccolo neo su quella destra
Come il mio
Però ci penso spesso a quest’inverno passato con te:
Abbiamo visto cadere la neve insieme dalla mia stanza
L’abbiamo vista posarsi silenziosamente su Roma
Mentre abbracciati, guardavamo dal vetro appannato
Tu mi tenevi per la vita e io appoggiavo la testa sul tuo petto
dolcemente
bevendo una tazza di tè
Che non ci piaceva nemmeno poi tanto
Però era importante
Come ogni altro piccolo dettaglio descritto
Come ogni pensiero che si trasformava in parole sulle nostre labbra
Di te non ho mai scritto
Non ho mai detto di amarti
Però forse è stata solo una dimenticanza
E ora che tu non ci sei più
Che io e te non siamo più niente
Forse posso ammetterlo

E posso anche ammettere
Senza vergogna
Che mi hai ferita
Moltissimo

Di te
Non ho mai parlato davvero
Ho scritto un po’ di come mi sono sentita attraverso di te
Ma non ho mai descritto i tuoi occhi
O le tue mani
O quella stupida foto che ci ritrae insieme
In cui siamo bellissimi
E tu hai gli occhi chiusi, la mano sulla fronte e si intravede quel neo sul sopracciglio
Quel neo proprio identico al mio
Con te è stato il festival delle prime volte
La prima volta che ho ascoltato la tua voce, col fiato mozzato..
La prima volta che ti ho visto
Che ha coinciso quasi immediatamente con la prima volta che mi hai baciata
La prima volta che ti ho preso la mano
Violentemente, come a volerti dire che eri mio
La prima volta che abbiamo fatto l’amore
Ti ricordi? Eravamo a casa tua e io tremavo di paura ed eravamo ubriachi e abbiamo fatto tanto rumore
Soprattutto nei nostri cuori
E poi, la prima volta che ti ho scritto, la prima volta che tu hai scritto a me
Vorticavano i nostri pensieri
Ci siamo incasinati notevolmente a vicenda
Siamo stati inopportuni quanto basta davanti a tutti
Siamo stati bellissimi e tragici
Perché in fondo, lo sapevamo già

Ecco, forse quello che non ti ho detto, è che lo sapevo già
Che siamo stati un fuoco fatuo
E anche se mi manchi
Non vorrei mai più incontrarti

Di te
Non ho più memoria
Gli amici mi chiedono come va
E tu non sei nemmeno contemplato nelle risposte
Al punto che gli altri per sapere di te
Devono pronunciare il tuo nome
Allora
Ma solo allora
mi ricordo di te
però sei lontanissimo
Mi domando se sia stato un sogno e basta
Visitare tutti quei luoghi abbandonati insieme a te
Entrare nella loro oscurità
Mano nella mano
Affrontando la paura delle tenebre
Quelle di fuori e quelle interiori
E tu  ti aggrappavi a me
Come un bambino
Mi hai sempre considerato la più forte tra i due
E io alla fine non ce l’ho fatta
A reggere tutto il peso
E siamo crollati
Castello di sabbia
E come la sabbia adesso siamo indecifrabili

Indistinguibile l’ingresso
E anche se ritrovassimo la chiave
in nessun modo potremmo mai tornarvi dentro
perché l’ingresso ormai è solo sabbia

mercoledì 9 maggio 2012

vintage


La città è un salottino
dove tutti si conoscono
una danza dalle regole non scritte
si tramanda con i gesti e con gli sguardi
ci sono gruppi seduti sui vari divani
vecchi e logori, rattoppati mille volte
c’è qualcuno in poltrona da solo
o con una dama appoggiata al bracciolo
c’è chi sta alla finestra
perso nel fumo e nei ricordi
ma tutti si conoscono
e ogni passo di danza
è imparato a memoria
così c’è un momento
in cui la musica cambia
e i gruppi seduti si alzano e si confondono
si sfiorano a vicenda mimando la vita
cambiano gli equilibri
ma i marciapiedi sono quelli
sempre uguali
sempre gli stessi
e tutti si conoscono
e la danza ormai la conosciamo
a memoria.

domenica 29 aprile 2012

tu, io, noi.


Hai cambiato idea, cara amica. Scusami, mi permetti di chiamarti così?
Anche se davvero credo di non averti mai vista in faccia, e che i tuoi capelli rossi intravisti in foto erano solo un riflesso dei miei, e la tua voce solo un’intuizione, e attraverso di lei anche l’immaginarmi  i tuoi occhi.
Ti ho costruita nella mia testa e mi hai fatto paura, in un primo momento. Non volevo. Non dovevi. Non c’era bisogno.

E invece sì. Non ricordo quando né in quale stato mentale, ma ho preso coraggio e ti ho fatto diventare reale. E tu sei proprio come me, cara amica. E sì, continuerò a chiamarti così.
Ti ho ritratta forte e coraggiosa. Saprai di certo cosa fare, per non morire soffocata da croci che non meriti.
Eccolo, il mio consiglio non voluto, temuto come le mie labbra a venti centimetri dalle tue, e i nostri occhi che si guardano fissi. Spaventate e tremendamente vicine e dannatamente distanti. 

Ma io davvero ho chiesto aiuto e ringrazio. Ma io davvero sono commossa a guardare quei pezzi di vetro, sanguinanti come le nostre mani, con i riflessi dei nostri giovani visi di donne.

Solo una cosa volevo dirti: sii forte, perdonati sempre, amati, trattati bene. Sempre, con affetto, tua G.

mercoledì 18 aprile 2012

che stupido il mio cuore
quando non vuole sentire ragione
e testardo si attarda
a pensare l'attesa
come la madre incinta
che attende
tra l'ansia e la gioia
di un pensiero quasi mistico
il suo bambino

che sciocco il mio cuore
quando sente d'avere ragione
facendo a pugni con la ragione
in un ring nel quale i due pugili
sono io e provo dolore
per l'uno e per l'altro
e comunque sempre
nell'attesa di qualcosa
che qualcuno vinca
che qualcuno perda
e che torni la pace

giovedì 12 aprile 2012

puntoquattro

dimmi che ci sei e che mi vuoi ancora
dimmi che sei vero e che mi tieni la mano

che non sono solo vecchi tramonti
o gocce di latte perdute nel lavello

le mattine che ti svegli
e che non mi trovi accanto


(scritto centocinquantanni fa, scherzo ma comunque almeno dieci anni fa)

sabato 7 aprile 2012

Libertà (?)


Libera
È così che ora mi sento
Come strumento nelle tue mani
Ho lasciato  che mi suonassi
Mi sono lasciata esplorare a fondo
Ti ho permesso di suonare tutto
Perfino le corde più nascoste
Mi sono abbandonata
Al gioco sapiente delle tue mani
E posso dire che insieme
Siamo stati straordinari
In fondo a quel lago nero
Che ci stava soffocando
Alla fine, in qualche modo
Che non so bene spiegare
Tu hai smesso di suonarmi
Io ho smesso di concedertelo
E siamo tornati ad essere due
E io per conto mio
Mi sento di nuovo
E ancora una volta
Libera

sabato 31 marzo 2012

Sono ancora qua


E prego dio
E corteggio il destino
E rido e piango
E amo
Mentre cerco
Certo
Di capire
Tutto e niente
E vivo
Ecco
Sì, vivo.

martedì 6 marzo 2012

Dire Addio


Era difficile stare lì, davanti a quella cassetta appesa alla colonna, davanti alla stazione. Che materiale era? Ghisa, forse. La gente mi passava attorno, l’altoparlante annunciava i treni, i ritardi e anche i treni dei desideri. C’ero io , davanti alla cassetta postale, focalizzavo solo il rosso della ghisa e intorno a me uno sfondo futurista come da elevata esposizione del rullino: strisce colorate, gialle, luminose…mi ritornava giustamente alla memoria una fotografia trovata per terra, giunta a me da lontano, in una busta, proprio nello stesso modo in cui io mi accingevo a comunicare in quel momento.
Busta in mano. Controllo ancora una volta il francobollo. “Cristo, ma quando è stata l’ultima volta che ho affrancato una lettera vera?”
La busta è bianca, di quelle corte, peccato: avrei preferito averne una di quelle lunghe, per poter piegare i fogli in tre parti per il verso della lunghezza, ma tant’è, avevo quella in casa, e allora ho piegato i fogli prima in due, e poi in quattro. La soppeso, cercando di capire se pesi più o meno dei venti grammi per cui, se li superasse, mi tornerebbe indietro non avendo pagato il supplemento. La giro e la rigiro tra le mani, controllo l’ortografia, sembra leggibile, anche il mittente è chiaro. Sto lì incerta, non so in quale delle due feritoie inserirla, perché hanno cancellato le scritte, una è per la città e l’altra per tutte le altre destinazioni, questo me lo ricordo, però non mi ricordo se devo metterla a destra o a sinistra. Sono incerta e quando faccio per lasciarla, la controllo ancora una volta, cerco di convincermi che arriverà da qualche parte, cioè, che arriverà alla destinazione prescelta, ma mi si stringe il cuore alla sensazione di stare per affidare le mie parole ad un buco nero, da quale non so se usciranno mai e nemmeno quando saranno ricevute. Se, saranno ricevute. Cerco di sbirciare nell’oscurità all’interno della cassetta, ma non vedo niente. Magari la mia è l’unica lettera inviata quel giorno. C’è scritto: “ritiro, dal lunedì al venerdì, ore 12”
Sono le 11:45, basta. Lascio cadere la busta nella fessura a destra. Appena lasciata il desiderio istintivo di riprenderla è forte. Ma è impossibile. Anche l’irreversibilità del gesto mi lascia sconcertata. Vorrei gridare e chiedere aiuto attorno a me, “aiutatemi, voglio riprendermi la lettera, la voglio toccare, la voglio toccare ancora una volta, aiutatemi a rompere, a fracassare questa cassetta di ghisa rossa”.
E invece, devo dirle addio per sempre. Mi allontano, me ne vado mentre si sfoca dentro me il ricordo della consistenza della carta, e anche quello che contiene, e tutto quello che mi porto dietro io, invece, è un’infinita malinconia, il desiderio di restare, qualche grammo di tristezza, che passerà, come sempre. Come tutto.

mercoledì 4 gennaio 2012

messaggi oscuri e voglia di ridere


Io in fondo non c’entro niente, non ho colpe, posso fare e disfare sempre e come voglio. Mi dico così ma poi lo so che non è vero. Che la vita è fatta male e nemmeno io sono inconsistente come una piuma, gravito sul mondo come chiunque altro e, come chiunque altro, posso far male.

Vuole comunicare ma non sa che cosa, nel provarci escono frasi sdentate e forse il vino con l’età davvero annebbia il giudizio.

Moralità!
Malditesta, altro che moralità, ci siamo bevuti cose a caso e nemmeno quello è bastato per evitare di ridere. Ma per fortuna! Che noia sarebbe altrimenti. Ma tu, lo sai tu, cosa vuoi da me? Io non lo so. Mi guardo allo specchio e penso che le vacanze mi fanno male, c’è ignavia e indolenza. C’è anche tanta fantasia, però ci sono messaggi oscuri che mi stanno dicendo qualcosa ma non riesco a decifrarli. Nell’attesa di capire provo a prendermi poco sul serio e vado in cucina in cerca di qualcosa che mi faccia passare il malditesta.

Si è decisa per un sano e nutriente yogurt ai millecinquecento cereali che fabenedepurasgonfiaesnellisce… (come la tisana: “snellente”, dice la confezione. Mi domando se questo participio presente sia vero anche dopo uno dei qualsiasi pranzi di queste feste…”che snellisce”! Ma come fa?! Con il potere delle parole?!?)

E quindi no…ecco…niente…è che…insomma sì buono lo yogurt però… “vede vostro onore: erano lì, proprio davanti ai miei occhi, avrei potuto essere più forte, ma! Vede, che ci vuole fare! È la determinazione che mi manca!”
Oh basta insomma! C’è il pane, le salsicce secche…non ho fatto colazione…però lo yogurt lo mangio lo stesso dopo, magari qualcosa fa.

Dubbi amletici si dipanano ora sull’incommensurabilità tra pane e salsiccia e lo yogurt.

Nonostante il delirio il malditesta non passa, io ho sbagliato a incollare i due pezzi di forex, nutro dei dubbi sull’utilità di qualunque cosa e vedo le parole sbiadire fino a scomparire.
Prima di lasciare questo pezzo di carta virtuale cito il post-it attaccato allo schermo, tanto per consolidare la mia solita prassi e il mio amore per le citazioni: “ricordarsi di essere felici ogni volta che si può”.

martedì 13 dicembre 2011

perché?


Vorrei essere più bella di così
ogni giorno più bella
ogni giorno più adatta
più dolce e sensibile
più forte e carismatica
“avere il controllo
un corpo perfetto
una mente perfetta”
sorrido e ti amo
e sarò qui
ci sarò sempre
con le mie mani
i miei capelli
e i miei occhi
sempre gli stessi
ogni anno più vecchi
c’è sempre solo qualcosa
non c’è mai tutto insieme
siamo stanchi
ogni anno più vecchi
disillusi
irragionevolmente ragionevoli
ho sonno
me ne vado

domenica 4 dicembre 2011

seta.


Ci sono sguardi e mani che non avrei mai sperato di poter incontrare
Sono lì: appesi ai bordi sottili di un filo arrugginito
Tutte le mie amicizie. Sono loro a portarmi, in fondo
Portano il peso del mio corpo umano
E del mio spirito grave e sonnolento
Si affacciano piano e senza invadenza
Come seta sulla pelle.

venerdì 2 dicembre 2011

Onestà.


Lo so che non sono niente per te, e che nella tua vita sono paragonabile ad un granello di polvere sul cuscino, che basta un soffio di vento ad alzarlo e mandarlo via lontano. Non ho idea del perché ma ti penso più spesso di quanto ero disposta ad ammettere fino a qualche giorno fa. Vedi, cambio spesso opinione pure io. Tu non sei niente per me, e non eri niente un mese fa, venti giorni fa. Ma sei sempre stato comunque qualcosa, fin da quando ti conosco. Tenerezza, affetto e dolcezza. Compagnia, sì certo: buona e calda compagnia, anche se le mie mani fredde, taglienti come lame,  irrigidiscono ogni possibilità di dialogo. 
Tu sei. 
Basta semplicemente questo, ora che l’ho percepito quasi di nascosto, tra le pesanti pieghe di filtraggio dei sentimenti che si ispessiscono ogni anno che passa, ogni volta che non amiamo più, che rimaniamo duri e freddi, che pensiamo bastare a noi stessi. Tu sei per me qualcosa che non riesco a descrivere a parole e che non rientra nell’ordinario, ma che mi ha stupito, fin dai primi momenti, non so che cosa mi ha colpito di più, tra la tua statura immensa, che mi fa paura, o la tua bellezza, che mi rende muta.
Perché mi piaci come non mi è mai piaciuto nessuno così tanto. E non l’ho mai detto a nessuno e mi vergogno ora, subito, dell’onestà di queste parole. Sono cose che non vanno nemmeno sussurrate, sono cose che se si dicono, hanno il malvagio potere di far morire tutto. Ma io le sto dicendo perché credo sia già morta, per adesso e per i prossimi anni almeno, ogni possibilità per me e per te di far crescere qualunque cosa fosse nata. Sono state le tue parole, è stata la mia tesi e i tuoi impegni. Non me ne faccio un cruccio e sono tranquilla mentre guardo i friabili ricordi di alcuni dettagli dei nostri incontri fugaci. Mi vergogno. Ho provato sensazioni così belle che mi vergogno per quanto non riesco a capire come faccio a meritarle. E ti ringrazio, e ringrazio ogni minuscolo dettaglio del tempo passato, perché mi fa capire sempre tante cose, e quanto sia importante capirsi bene, e capire che questo vale anche e soprattutto per sé stessi.
Tu nella mia vita non eri niente, e ora sei una finestra che affaccia su un mondo bellissimo, ma che è troppo alta per me, e non ho niente con cui potermi arrampicare per aprirla.
Spero di costruirmi una scala, nel frattempo, e poi imparare a salirla.

martedì 15 novembre 2011

va tutto bene


SCUSA, SONO ROMANTICA LO SAI
TU NON CHIAMI MAI

CARO AMICO:

LE NOTTI D’AMORE SONO LEGGERE E SPENSIERATE
IO MI LASCIO INCANTARE DA CERTI DETTAGLI DEGLI OCCHI
CHE  TI FANNO VEDERE LE COSE
DA PROSPETTIVE DIVERSE
NON NECESSARIAMENTE
PER UN LORO  SENSO INTRINSECO.

SONO AVVOLTA DA SENSAZIONI DOLCI
DA LUNGHI ABBRACCI E TENERI SGUARDI
E MI STUPISCO DI TROVARE LA MIA MANO TRA I SUOI CAPELLI
CAREZZARGLI LA GUANCIA
E NON AVERE SCELTA
E STARE BENE E NON SAPERE NIENTE.

MA COMUNQUE VA TUTTO BENE QUI
PENSAVO TI AVREBBE FATTO PIACERE SAPERLO

martedì 8 novembre 2011

Tu e i Limiti Storici


Accarezzarsi il cuore. Non è mai senza dolore. È un desiderio un po’ violento. Bello e arrabbiato. Quando sono alla stazione, con al massimo una valigia leggera, poco prima che il treno si fermi so già che proverò ad attraversare i binari scendendo il gradino della banchina. E appena salto giù dal treno è quello il momento che mi da più allegria: guardo di qua e di là, lungo le prospettive che corrono sui binari, con il mio sguardo un po’ miope ed appannato, ché infatti è solo per far vedere agli altri che ci guardo, che non sono spericolata, ma coscienziosa. Mi piace che la gente non mi guardi dentro. Voglio che sembri tutto normale, dalla mia pelle in fuori.
Ciò che ti rende interessante è il tuo pianoforte immaginario, gli occhi verdi e quel desiderio di ballare, tanto vago quanto arrogante. E con tutta la violenza che poni nel parlare, sei assolutamente fuori luogo e molesto, chiudi la portiera della macchina in faccia ad ogni possibilità di evasione. Forse sei un territorio da esplorare con lentezza, ma che non mi appartiene. Non adesso. Sebbene alla storia lascerò il compito di far diventare bello ogni nostro momento, è molto probabile che saremo rovine di qualcosa mai esistito. Tutti i colori che vedo oggi rispondono a questo. Non sono sbiaditi e fanno male agli occhi per quanto sono luminosi. Sono nuovi fiammanti. Sono colori solidi e netti, dai bordi precisi che delineano il senso del mio stare, del tuo stare. Separati e sovrapposti. Prendimi la mano e spingimi a ballare. Provocami, rincorrimi in gare di pensieri. Però dopo spogliami e fallo con le mani, toccami la pelle e lasciami senza fiato. Poi resta, se vuoi: prendi la tua solitudine e mettila qui, accanto alla mia. Non farmi domande. Vivimi senza pensare. Baciami. 

giovedì 13 ottobre 2011

silenzio.

Non posso fare a meno
di pensare ai contrasti

il silenzio della casa
il temporale là fuori


la sedia controluce
la finestra grigia dietro


l'oscurità dentro casa
la luce piatta là fuori

il terrazzo lattiginoso
piante bagnate di verde

le gocce del lavello in casa
e le macchine rare là fuori

quassù noi stiamo volando
e la terra è un puntino appannato.




sabato 8 ottobre 2011

numero mille di un vago "c'era una volta"

illusioni di felicità
sbalzi di visione e miraggi
di un futuro prossimo
impossibile da decifrare
e immaginare, immaginare figure e corpi

pace e cavalcavia, tramonti in bicicletta
trovarti una, due, trovarti tre volte
volerti rivedere, sentire il tuo sorriso
che è l'unica cosa che conosco
insieme ai tuoi occhi
sentire il tuo sorriso come la sabbia
caldo e amichevole, accogliente
senza chiedere niente

distanze intercontinentali
vorrei gridare, se solo
non ci fosse il vuoto intorno a me
ma proprio perché il vuoto non c'è
io non posso vederti, posso solo sentirti
e questo mi fa male
logora la mia autoironia
scompare tra i miliardi di particelle
che mi dividono da te

sabato 1 ottobre 2011

sbronze da letto

le nostre vite distorte
scarafaggi e letti adolescenti
vanno e vengono le illusioni
le ombre nette e le luci pure
i malditesta da sbronza
e quelli da autocad
i fertilizzanti che scendono
sterili mosse di ogni figura
retorica di frasi umane
riferimenti o configurazioni
da narrare c'è solo
lo scollamento tra il corridoio
e il letto

sabato 24 settembre 2011

le nostre notti

il tuo profilo è davanti a lei
maledici quel naso cubista
sbozzato e male interpretato
di fronte al bicchiere opaco
e al volto soave, leggero di lei
e dolce con gli occhi brillanti
teneramente rivolti a guardare
in basso, al bicchiere giallo
incorniciata dai riccioli
sul tavolo notturno
dieci bottiglie nel lavello
e i piatti sporchi della festa
con la musica sullo sfondo
bluastro del pc che si muove

un'amica è persa dal sonno
tra il cesso e il corridoio
con la nuca poggiata
sul tavolo tra bicchieri di vino
e gloriosi residui di torta
che aspetteranno la mattina
nessuno sa cosa nascondono
quelle braccia incrociate
sul volto livido quasi morto
un passato che non passa
ostenta un amore finito
perché non sarebbe mai
potuto davvero iniziare

e poi...i primi lavori
malpagati e i nostri
sogni aridi e putrefatti
il nostro vino
i nostri tramonti.

il lunedì mattina


la mattina è frizzante e io cammino con le gambe leggere e veloci
sopra una strada che sa ancora di sabbia nei sandali
e io non mi confondo per niente con la gente che va a lavoro il lunedì mattina
con il mio sacco da mare e un pallone buono
con i muscoli che mi sento ancora le racchetta tra le mani -begli scambi!-
e a non saper fare la verticale ti rimane il segno di aver
strusciato il ginocchio sulla sabbia dura e nera.
ma sono serena, ora che guardo i colori che preludono
irrimediabilmente all’autunno, dopo questa nottata di tempesta
fatta di letti singoli appoggiati l’uno all’altro nell’empatia del sonno
mi sento nuovamente colorata di azzurro,  di arancione, e piena di luce.

mercoledì 3 agosto 2011

un sogno.

Cosa scrivere di quei giorni? La cronaca reale dei fatti non assomiglierebbe per niente a quello che è l’illusione che voglio conservare viva. Non so se per entrambi è così. Ho letto qualcosa nei tuoi occhi, che la mia poca esperienza non mi permette di decifrare per bene, eppure essi tradivano qualcosa che mi è sembrato molto simile al mio sogno.
Sai: i fatti reali e i racconti, o la memoria, sono cose assai diverse, e il mio raccontare sta alla vita come le carezze della mattina, che si danno all’amante ancora addormentato, stanno alla notte di passione che le ha precedute.
Chissà cosa si sono detti proprio i nostri occhi, mentre noi biascicavamo a stento parole italiane e spagnole e inglesi … tentando di comunicarci in meno di 24 ore cosa siamo diventati in 24 anni di vita (o di sogno!) su questa terra.
Non so fino a che punto fossero reali o meno le cose che ci siamo detti o gli sguardi che ci siamo dati. E non mi importa. I nostri corpi, quelli sì, qualcosa si sono detti, che va al di là della fisicità, purtroppo (perché non si può mai scindere il sangue e l’anima, anche se credi di sì).
Per me è stato vivere qualcosa di molto raro.  E ho la possibilità di raccontarlo senza cinismo, per come lo ha vissuto la parte più onesta e sincera di me stessa.
Non capita spesso. O meglio quasi mai. E così resterà dentro di me sempre il ricordo dei tuoi occhi e di alcune piccole azioni dolci, e come le tue mani sfioravano la mia pelle, ma soprattutto e di nuovo i tuoi occhi, pieni di passione, dolore e destino.
Perché dolore? Perché c’è stato un deliberato desidero di disubbidire, di pensarci liberi, senza legami.
E il destino, perché? Perché a meno di un miracolo, le nostre vite non si incroceranno mai più.
Quel lunedì, dopo il pranzo da G., sono tornata a casa camminando piano, sotto il sole, tra San Giovanni e l’Esquilino (due dei quartieri più popolari di Roma, pieni di case vecchie e ruderi maestosi), la luce della sera era bella e io mi sentivo ubriaca, guardavo i miei passi, attenta a non guardare indietro, per non perdermi in un limbo o per non trasformarmi in sale. Mescolavo gli ideali e il sangue, mi stupivo di me stessa. Come può essere normale qualcosa che avvicina le persone da continenti diversi per una sera o due, e poi le lascia andare? Non me ne frega niente se molti pensano cinicamente al divertimento di una sera, quello che ha spinto me  è l’eterno bisogno di amore, e il bisogno di credere. Racconto a te queste cose, che abiti in Argentina, un po’ anche perché so che non potrai mai smentirmi: sei già troppo lontano per essere reale.
Mi piace pensare che se avessimo parlato la stessa lingua, se avessimo potuto comunicare più a fondo le nostre passioni, quella luce negli occhi sarebbe diventata qualcosa di più profondo. So anche che verosimilmente tutto questo non è vero e non ha nemmeno senso. Ma per un momento l’ho creduto possibile … poi basta: come una stella cadente o un lampo, o qualcosa che solo si percepisce, senza vedere.

Ecco: è finita. Ieri sentivo ancora la tua mano sfiorarmi la spalla. In futuro dimenticherò ogni dettaglio delle nostre sensazioni fisiche. Alla fine dimenticherò anche i tuoi occhi, e a quel punto sarò costretta a venire a cercarti.

Buona fortuna amico mio.

venerdì 25 marzo 2011

è tutto troppo blu

IL BLUES SUONA SOTTO CASA
CON UNA CIOTOLA D’ORZO RUCOLA E POMODORI
IO LO ASCOLTO IN UN LUOGO INESISTENTE
IN CUI IL CIELO E LA STANZA SONO BAGNATI DAL SOLE
E IL VENTO E LE TENDE MI SUSSURRANO PIANO
CHE STIAMO ANDANDO LONTANO
IL MARE È CALMO
NON UNA NOVULA
LA TEMPESTA È PASSATA
E IO RICORDO ESATTAMENTE I NOMI
DOVE E QUANDO
E STO ANDANDO VIA
FORSE FUGGO
FORSE SONO SERENA
MA TUTTO È TROPPO BLU
E NON IMPORTA

venerdì 18 marzo 2011

parole insonni

non dobbiamo essere artefici di definizioni
dobbiamo prendere la casualità delle parole, degli atti
mimetizzarci nel sintetico e proseguire nei nostri obiettivi
l'amore se ne va
troppe parole pseudomistiche sono state trascritte e
l'esaltazione collettiva al limite dell'epilessia non mi riguarda
non me ne frega niente
buttiamo giù questi scontrini e prendiamo una fottuta birra e
arrabbiamoci con santa coscienza
se prendessimo dall'autodeterminazione quello che ci serve
riusciremmo in fondo ad essere noi stessi, latenti anche
e pure con tutte le nostre idiosincrasie
se ci sono momenti logici o illogici
l'unica cosa che conta adesso è questo braccio nudo
che sta scrivendo le sue migliori parole

e bere acqua e bere vino e fare l'amore e
imbottirsi di quotidianità fino a star male
fino a sentire uscire dalle viscere il vomito individualistico
di quello che non abbiamo perduto
ovviamente ci sei anche tu nei miei pensieri
indivisibile nell'arco di una parola che fa musica
con la seguente e mi accarezza il collo e mi cinge la vita
davanti al lago che senza canoa abbiamo solo guardato
c'è tutto un cosmo di deliri in disuso e
percussione ritmiche di cuori
distanti, vicini, ma sempre asincroni e
confusi e ridondanti e altalenanti

assordante tutto il mistero di cosa provare a pensare e poi parlare
ci fossero ancora le mezze stagioni scrivrei della donna barbona che suonava l'inno d'Italia ieri alla festa
ma che in fondo avevo scambiato per la banda tutta intera
e che delusione veder vendere le bandiere solo dagli immigrati
che delusione non capire per cosa combattere
che delusione
ma io vedo che c'è solo il tempo e la voglia per disegni astratti
di presente inconcludente, che esce dalle vene senza episodi di saggezza
che prende la voce stanca di un remissivo protestare
prende la sua gola e la manda al diavolo

ti do un bacio buono, ti mando a letto pensando al Giappone e spero sempre
come te che il maggior numero di gente capisca il perché essere contro cose come il nucleare
non vorrei più vedere rimandati i discorsi seri
ti voglio dire che lo so che dobbiamo pensare e capire e
anche certi movimenti strani del pensiero vanno bene
perché...siamo matti, sì: siamo tutti abbastanza matti.

lunedì 28 febbraio 2011

Come i bambini come i bambini come i bambini


Gli amici che parlano lingue straniere e si confondono e si sparpagliano per il mondo
E prendono e partono e ci salutano a tutti e poi mi accorgo che perdo bolle insaponate di parole mentre lavo i piatti del giorno prima… e me le scrivo nella mente e poi le bevo nel caffèlatte. E il restauro dei miei coglioni e la bella vita che ci sarà dopo, e tutti gli amici e tutta la vita.
E come mi sento e come ti senti e come mi senti e come ti sento. Leggeri. 
Aspettami lì, sta arrivando la primavera.

mercoledì 9 febbraio 2011

18/12/2010

La verità è che intorpidisce. Il caldo il freddo e CristoNostroSignore. Il problema più lucido che mi sono posta ultimamente è come superare le contingenze. Per il resto devo dire che siamo stati sfortunati.
Sfortuna e aporie si sono susseguite dando al tempo il valore di un attimo in cui capivo, continuamente e nuovamente, che mi amavi a modo tuo. Senza stare lì a dar per scontato un futuro che non ci troverà, perché saremo già lontani allora. O assolutizzare certe rigide dogmatiche sentenze di corpi estranei e imprudenti. Ce l'ho con gli altri nella misura in cui non ti amano. E come mi piace dire "nella misura in cui".
Hai tutti gli indizi necessari per capire.
Guardare bulimicamente mostruosità è la pena che mi affligge da quando hanno inventato facebook. E tu che non ti scuci quasi mai, mi fai pensare che siamo quasi uguali, ma che vorrei vomitare piuttosto che parlare ancora con me stessa.
Ti sto lasciando in eredità qualcosa di più profondo del bilanciamento del bianco su una nikon. Ti sto dicendo che è tardi e cosa abbiamo imparato lo capiremo poi, forse.

martedì 7 dicembre 2010

Sangue Colori e Sfumature

Sei sempre colorato, eppure sei un foglio di carta, sporcato a matita. Mi regali spesso frasi sconcertanti, prendi il peggio che c'è e sei convinto di avere il potere di renderlo colorato come le tue parole. Ma a volte dubito che i tuoi pensieri siano sempre così colorati. Questa strana tranquillità, che tranquillità non è, che non le somiglia affatto, è più gradevole dei quartieri di circostanza di prima. Tra strade e piazze, chissà com'è il quartiere: appare tutt'altro che frantumato, un blocco unico, in cui a volte ho paura che una strada, o almeno un vicoletto, si perda inghiottito da troppa omogeneità. In ogni caso per fortuna, i sensi non sono affatto sfocati e pare che ci sia ancora la possibilità di essere liberi. Pensiamo, parliamo: come osserviamo, come mangiamo. Ci sognamo. Irresistibile è immaginare di sognare insieme. Prendiamo una strada, che diventa un sentiero, esploriamo una casa in mezzo a una bolla, e giochiamo. Come Hansel e Gretel. E io intanto scrivo, con la frenesia di chi scrive nel bagno con la cartaigienica, dentro a un museo in gita con la scuola, "stupidi e stronzi compagni di classe". E si nasconde. Per stasera basta così, ne ho avuto abbastanza. Ma domani riprenderemo a danzare, ci gireremo attorno sulle note di MadWorld, ci annuseremo a vicenda, circospetti, incerti. Forse non arriveremo mai a capire in fondo cosa c'è. Io, per conto mio, ci vedo legami che mi sembrano lacci. Catene di metallo infernali e roventi, che sgretolano le ossa dei polsi, delle caviglie, divaricano le gambe, strabuzzano gli occhi. Ad ogni parola colorata e morbida che mi regali, si stringe la catena alle caviglie, sulla pancia, e ci immergiamo un po' di più in quel continuo latente e incerto. E aspiriamo all'annientamento, bombardati e stomacati da troppa bellezza. Se solo fossi più semplice, mi chiedo.

Densità

Ecco allora. Ci sono. Mi succede questo. Io della gente non mi fido. Ci ho preso così tante inculate che ho una paura fottuta di affezionarmi a qualcuno. Però mi capita ogni volta. E davvero non so come fare, né cosa voglia dire. Prenderei un fiore e te lo regalerei, se questo servisse per fare la pace.

Ma ho le mani bucate e non riesco a tremare.

Quando ero una piccola adolescente stronza non piangevo mai. Troppo schizzinosa di sporcarmi con la pelle e il sudore e l’anima di qualcun altro, mi schifavano i rapporti umani ed ero gelida come il ghiaccio. Più d’una volta ho ferito i sentimenti di qualche marmocchio infatuato di me. Ho provato a farmi assolvere, ma non credo in Dio.

E ho le mani bucate e non riesco a tremare.

Poi non so cosa sia successo, ma la morte mi ha avvicinato ai vivi. E mi sono resa conto che gli occhi degli altri, e le loro mani, e il loro amore, è qualcosa più di una semplice affermazione del proprio ego. E che il sesso non è solo un buon esercizio per mantenersi in forma. Se potessi solo spiegarti che io sto bene, anche se tu non capisci perché.

E ho le mani bucate e non riesco a tremare.

E oggi affronto le cose come se fossi già vecchia, come se il tuo dolore io l’avessi provato infiniti anni fa. Non ce la posso avere con te, conosco troppo bene i meccanismi che ti animano… solo: se potessi farti vedere il mio cuore, farti capire che passa, che passa, che passa…

Ma ho le mani bucate e non riesco a tremare.

sabato 4 dicembre 2010

A natale voglio...

abitare ai margini
di una vita tranquilla senza vedere
in continuazione
belle ragazze in fotografie da copertina
belle bionde sorridenti
sempre con i capelli lunghi e lisci e morbidi
con quelle collane tutte uguali, quei bracciali tutti uguali e quegli anelli
con certi stupidi ciondoli a cuore

in realtà vorrei anche
saper evitare la gente che non nutre altro che indifferenza
per la mia persona
e mi frega per ammirazione e idolatria
nei miei tentativi ingenui di amicizie
non ricambiate
vorrei capire quando andarmene
quando restare
capire la gente e quello che prova
amare incondizionatamente
senza paura di perdere mai
perché se ci rifletto un attimo mi accorgo che è così
ma ancora ci sono molti dettagli da esplorare
per capire davvero questa cosa qua

capire al volo i tuoi pensieri
e capire perché ho bisogno di te

vorrei essere migliore
sapere sempre cosa fare
fregarmene un po' di più
volare più leggera di come faccio di solito
take it easy è un concetto che non mi appartiene
voglio una vita semplice
non una vita facile

vorrei essere ricambiata con fragole rosse e prosecco
e un sentimento di scambio
che alcune donne non nutrono
per le altre donne
e i convenevoli dei rapporti
e irritanti sensazioni
di invidie inutili

di amicizia in amicizia
vorrei ringraziare ogni briciola del tempo
dedicato a rafforzare i legami
e le mie amiche, la mia salvezza davvero
con le nostre sciocchezze da bambine
molto probabilmente mai capite dall'altra metà del mondo
e anche da molte donne che non ci conoscono
però vi prego non cadiamo
in quelle stupide foto
dai lunghi capelli morbidi
e gli anelli a ciondolo

voglio voglio voglio
voglio
quest'anno voglio imparare una lingua straniera
dimenticare la mia
ignorare ciò che pensi di me
cercare l'assenza
coltivare il silenzio

e anche guarire dal male
inguaribile.
oppure morire
e davvero uccidere
certi pensieri
certe ovvietà

giovedì 25 novembre 2010

C'è bisogno d'amore

Tra i ricordi c'era lei
tra il mare e la pioggia
il fango e la spiaggia
fatta d'abitudine
bella
in fondo all'abisso
Lei, come uno di quei venti
di cambiamento
distruzione, rinnovamento
E' occhi e mani
calde
sulle tue spalle
Amore non voluto
troppo desiderato
E ancora non sai
se uccidere o pregare
E ancora non sai
se c'è una differenza da trovare

domenica 14 novembre 2010

andiamo, andiamo.

Ho bisogno di mettere dei punti, ogni tanto.
E tu…tu…
Puntini per esprimere quello che non si può più dire, che non è possibile dire perché sarebbe troppo lungo spiegarli tutti, i puntini.
E ieri. E oggi… e domani. Titolo di un film, coda scaduta, poltrone rugose e vuoto e freddo e tu che in fondo in fondo mi stringi ma non so se per proteggermi o per fare l’amore...
Fermarsi a guardare i se, inconsistenti come sabbia.
Ogni ragione degli sguardi di ieri crolla come la prima repubblica sotto le bombe di un’effimera rivoluzione troppo debole per affermarsi, ma abbastanza travolgente da raschiare al suolo ogni cosa, e far si che si possa ripartire da zero.
Dopo la botta mi sono svegliata col malditesta, una cavalleria di puntini in testa che picchiavano duro e sono stata sballottolata in alto mare.
Dimmi dove sono, dimmi chi sono.
Con animo puro, la mente sgombra e con voglia di dare, il rito si compie attraverso la nebbia, che oscura il passaggio e non fa dormire.
Densità di messaggio, ridondanza di spiccioli, colori caldo-scuri, estati autunnali. Piogge chilometriche confondono le orme e il passaggio resta da ricordare e basta. Le proporzioni della macchina ce le devi avere bene in testa, e autocad non capisce un cazzo di disegni a mano.
La vera rivoluzione è che la coperta mi è scivolata dalle spalle e non sento il bisogno di rimetterla, sento il calore che mi scende dagli occhi, lucidi di pianto.
Il freddo c’è ancora intorno a me, ma non saprei dire… o non c’è più conduzione, oppure il mio calore è più forte e lo sta scaldando: speriamo diventi tiepido.
Risate. Abbracci. Violenti messaggi. Tipico dolce autunnale sfumato e attutito nel suono dall’ovatta tra le tue dita.
Tra le mani hai dell’olio e mi prende la malinconia perché tu sei tu e sei uguale a ieri e io vorrei che fossi sempre tu, ma senza ieri. Anche senza domani, solo con oggi, adesso, con tanto affetto, baci e saluti, dalla tua carissima… A presto.
Infilo la porta, ascolto Flaubert, vado a tossire e scaldo il pc. Rituali di passaggio, infinita grandezza e piccole cose. Piscio di cane in naftalina e secolari cazzate mediate d’istinti.

martedì 12 ottobre 2010

L'IMPORTANZA DELLA PUNTEGGIATURA

certo ci vuole un bel po’ di coraggio a sognare ancora mano nella mano o forse no più che toccarsi le mani si sfidano a duello in un gioco di tensione spinta al limite di sopportazione tu cadi e ti sanguina la fronte e il labbro e io ti lecco le ferite ma non basta e allora lei mi ha detto che serve la liquirizia perché sono ferite d’amore quando i sogni sono più logici della realtà onestamente non me ne frega un cazzo

mercoledì 6 ottobre 2010

Non ho tempo da perdere in stupide battaglie di modi

Prima faceva freddo e pioveva, alle sette di mattina dico. Assolutamente nessuna voglia di alzarmi. Piove, lava, pulisce porta via… e io dormivo. Appena il cielo ha cominciato a schiarirsi mi sono alzata dicendo “oh cazzo le otto e mezza ma cristo santo perché sempre così tardi”…Poi mi sono largamente giustificata dicendomi che era giusto, essendo andata a letto a mezzanotte e mezza ci stava preciso: avevo dormito le mie 8 ore buone.
E ho anche sognato qualcosa che non ricordo. Vi basti sapere che era bello delicato e pungente al tempo stesso. In bianco e nero. Il bacio di Doisneau che Nicola casualmente ma azzecatamente mi ha ricordato c’entra in qualche modo. E l’amore e tutto il resto. Insomma un bel casino. Svegliarsi con una cosa sola in testa. I pensieri di due giornate una di seguito all’altra vissute sul bilico di una bicicletta da circo inesistente sui sampietrini di una Roma ovviamente sempre troppo splendida per capire se sei innamorato tu o se è lei che ti innamora ogni volta. Una marmellata di pensieri in testa. E niente. Giravo a vuoto per la stanza. Girovagavo nell’anima della rete (dicesi “web” per persone “argute”).
E poi rompiamo i libri. Scombiniamo parole e farfugliamo aforismi ma non stiamo costruendo niente. Stiamo soltanto vagando. In attesa. Attendiamo che succeda qualcosa e quando succede non ci basta ancora e ne vogliamo di più, avidi e ingordi come le radici nodose delle piante più rompicoglioni che possono esistere, come quelle che si infiltrano pure tra mattonelle e malta e le scollano e rovinano un terrazzo già provato da decenni di vita in affitto, e poi affitto di studenti, quindi ancora peggio per le mattonelle. Però la casetta è ancora tanto graziosa e quel terrazzo ne ha viste di belle serate e ne vedrà delle altre, ne sono sicura. Intanto l’altro giorno ha rivisto dei baci. E questo è un gran bel passo avanti. C’era forse anche troppo romanticismo che non si può spiegare a parole ché rischia di essere miele senza senso per chi non ci sta dentro.
Insomma “il libro dell’inquietudine” di Pessoa. Roba come i sentimentalismi e la frasetta carina che cercavo prima e che mi è costata lo strappo di mezza pagina (si Flavio mi sa che c’hai ragione i libri della Feltrinelli non valgono granché, ma tu guarda se mi si devono strappare le pagine di un libro appena nuovo cristo)
 “…e se dobbiamo dare amore per sentimentalismo, è indifferente se lo riserviamo alle piccole sembianze del calamaio o alla grande indifferenza delle stelle”
Grande inquietudine, santa…oddio non so quanto sia santa…ma poi in fondo che vuol dire non lo sa nemmeno lui…la religione, la fede bah…non sono stronzate, non intendo dire questo, ma la fede più grande è quella della vita e me ne fotto della morte, perciò dico sempre che dobbiamo viverci accanto, ci dobbiamo sentire stretti e dobbiamo toccarci e sentirci e avvicinarci e addomesticarci l’un l’altro, ogni essere umano sulla terra, per questi pochi attimi di infinità che non si sa bene perché stiamo vivendo adesso. Ricordatene domani chi sarà il nuovo messia: una donna. Magari.
Ma a me mi basta stare sdraiata su un ponticello di legno in mezzo a qualche antica rovina. C’è l’immortalità e la fugacità insieme. E se poi c’è un braccio su cui appoggiarsi tanto meglio, contare le stelle sarà più facile. Ma non pensare che io abbia uno smisurato bisogno di te. Contegno ci vuole. Fai piano se entri nei miei giorni, in punta di piedi e passi felpati ché non ho tempo da perdere in stupide battaglie di modi. Se è giusto, calzerà a pennello. Le scarpe di pelle possono essere messe in forma dal calzolaio. Le storie o ti vanno giuste o è meglio lasciar perdere. Ché poi ci sono giorni che sei tu a subire “dilatazioni umorali” (vedi le dilatazioni termiche simili che costituiscono il “miracolo” del calcestruzzo armato…dio mio santo che strazio… che paragoni assurdi…)
Adesso comunque mi sono sbloccata. Mi si è sbloccata la penna. O la tastiera. Punti di vista temporalmente separati. Nell’ottocento avrei scritto la penna. Oggi forse è più corretto dire la tastiera. Ed ecco che potrei anche indefinitamente parlare di concetti profondi. Ed ecco che potrei anche tornare a studiare. Dopo tutto può darsi che in minima parte io abbia effettivamente bisogno di te.

venerdì 1 ottobre 2010

non dico mai cose serie, ma nemmeno le scrivo

Mi tocchi nel profondo, e mi rendi fiera di questo corpo e di questa mente. Arrivarci così, con una semplicità trovata per caso. Moti dell’animo: non si esprimono in nient’altro che in impulsi nervosi, piccoli, leggeri spasmi di tremori incontrollabili. E poi niente, va bhè. Non riesco a pensare ad altro che negazioni. Se non fosse successo mai. Perché conoscerti è il più grande sbaglio e la più grande grazia. E conoscerti ogni giorno, senza riconoscere i petali del girasole che ho fatto appassire, o il fiore che non mi hai mai regalato, e le bugie che mi hai promesso, non è affatto quello che voglio. Ma tra il bagno e la stanza si susseguono le risate dei nostri corpi intrecciati, e ogni maledetta superficie è fondamentale nell’esercizio di ricordarmi di dimenticarti. Però lo sai che io non dico mai per sbaglio cose serie, e parlo solo di sciocchezze, il sorriso sulla mia faccia è la maschera migliore che potevo inventarmi. E dalla sanità passo alla malattia, con la stessa logica con cui si passa da una storia all’altra. Affioro in superficie di tanto in tanto per ricordarmi di essere unica e sola, di bastare a me stessa, ma mi sfugge il concetto. Lo perdo tra le dita, poeticamente affusolate, tra voci indecise e calde, sussurrate piano all’orecchio, che cantano musiche per farmi innamorare. E se ho paura proteggimi, se ho freddo riscaldami. E se non ti trovo, mostrami dove ti nascondi, tutte le volte che ti ferisco. Non serve la psicologia per capire che si sta meglio senza facebook, che l’acqua per il bagno è meglio calda, che le fragole a letto macchiano il cuscino, che ti devo ringraziare, e che se ci siamo persi, ci sarà qualche ragione. Ma ritrovare gli occhiali non è mai stato semplice, urtare scaffali e comodini ogni mattina, per la fretta di scappare sperando di non aver dimenticato niente, chiamare l’ascensore con le scarpe slacciate, baciarsi in ascensore e allacciarsi le scarpe, poi truccarsi in macchina sotto il tuo sorriso, sperando di essere stata bella fino a quel momento per te, e non dopo, quando preparandomi al mondo non sono più io, senza le mie occhiaie e quella faccia pallida, che dedico solo a te, quando siamo sicuri di amarci. È strano l’odore dell’imperfezione di un legame. Il gioco delle parti, la musica che ci accompagna nel sonno. Poi tra te e me, c’è tutto il vuoto spazio di un’ora di autobus, con le sue voci incostanti, gli aliti ubriachi e le donne in carriera, e c’è tutta Roma, e poi c’è il treno che mi separa da casa, l’aereo che ci porterà a Parigi, sempre che tu non sia legato ad altri ricordi. Ma dilungarsi, tra i fogli e il computer, con accanto la cena, consumata mentre la cucina diventava momentaneamente un laboratorio di vernice, e volere un controllo assoluto, un corpo perfetto,  e  un’anima perfetta, non mi sembra poi così stupido. Stupido è non chiamarci amore quando ci scappa di bocca, e trattenerlo come si trattiene il vomito prima di arrivare al bordo del cesso, stupido è pensare che ci sia un momento giusto, una frase giusta, una persona giusta. Stupido è pensare, in certi casi.