Stasera ho in mente la leva calcistica del…che anno era? Vabè
era un’anno: ’83, ’67, ’86. Non fa differenza.
sabato 15 dicembre 2012
domenica 9 dicembre 2012
avere, essere e andare a male
Tu
Hai delle mani
Grandi
E degli abbracci
Altrettanto grandi
Tu
Hai un colore
Intenso
Per ogni parola
Che graffia
martedì 27 novembre 2012
Budapest

l'architettura è l'ordine della città
la città è l'espressione della socialità
le città sono dei salotti
alcuni più logori altri più brillanti
si mettono in mostra come noi
c'era una casa bellissima
a Budapest
mi parlava di storie passate
seguiva l'ordine delle stanze
di stanza in stanza girovagavo
ascoltando e bevendo discorsi di altri
diversi e lontani adesso non più
questo ho pensato sorridendo al Danubio
lunedì 5 novembre 2012
17maggio2012
Un soffio di vento
Una risata sonora
Un guizzo di luce negli occhi
Ti direi chi sono
In un altro momento
Ti direi d’amarci
È solo che non mi va, capisci?
domenica 28 ottobre 2012
28 ottobre 2012
HO DIVISO LA VITA IN TANTI PICCOLI PEZZETTINI
CHE LASCIO ACCARTOCCIATI LUNGO IL MIO CAMMINO
SONO FRAMMENTI SENZA SIGNIFICATO DI UN TESORO DI POCO VALORE
NON RACCOGLIETELI, NON LEGGETELI
LASCIATELI LI, DOVE LE INTEMPERIE LI DISTRUGGERANNO
L'OBLIO È IL LORO SCOPO, LA FINE LA MIA RICERCA
mercoledì 17 ottobre 2012
12 agosto 2011
Quanto celeste su questi
monti della mia terra. Questo agosto di terra, di pietre e di pochi arbusti. E quanto
è verde questa terra! Il bosco ci invita ad entrare con fare gentile. E noi
camminiamo. Camminiamo sui sassi, sulle foglie, sulla terra del sottobosco, tra
i rami dei lecci, ci fermiamo ogni tanto ad osservare un fiore raro, o una
farfalla dalle ali particolari. Altre volte si cammina invece in maniera più
incalzante, quasi di corsa, perché il sentiero è li davanti a te e ti porta a
percorrerlo, ti trascina in lui.
Ma che avessi sandali ai
piedi, o buone scarpe da montagna, non ho mai avuto paura di cadere. Quando sono
in città invece, e salgo o scendo le scale, mi sento sempre in equilibrio
precario e mi immagino rovinose cadute e ruzzoloni.
Dubito di me stessa tutti
i giorni in cui mi muovo nell’artificialità dei palazzi costruiti, delle scale
in cemento, ma non ho un solo istante di paura quando scivolo sopra una foglia
del sottobosco, perché subito riprendo equilibrio e ricomincio a correre, a
volare, tra gli alberi e le nuvole.
giovedì 4 ottobre 2012
A tempo determinato
Stiamo vivendo un periodo storico in cui pare essere stato
abolito il concetto di eternità. Per carità, in certi casi non è un male,
abbiamo forse in questo modo ridimensionato il nostro ego, ci siamo finalmente
visti in prospettiva, ci siamo fatti piccoli piccoli e forse anche un po’ più
umili. Il concetto di eternità a volte è dannoso.
martedì 2 ottobre 2012
15/8/2012 h 22:27
Pensieri imbottigliati
Ombre che avanzano incerte
Come illuminate da fragili fiammiferi
Ancheggiando sulla strada
Un piede poi l’altro
L’ombra e le figure
Il ragazzo di strada con il cappuccio
(...a ferragosto?!)
Il tizio grasso che porta fuori il cane
La strada di casa che si trova a memoria
Piccoli passi di danza
Grandi sorrisi dalle solide radici
Situazioni che nascono
E situazioni che muoiono
C’est la vie
Demain à Paris
Ne rideremo di gusto
“Bonne nuit, mon amour!”
giovedì 13 settembre 2012
Pioggia e Sole
Fin tanto che agosto
ruggiva
di caldo e di sole,
spazzando i pensieri col
vento,
ogni cosa sembrava reale
o almeno possibile.
Ora c’è musica
e odore di pioggia:
tamburellano le gocce
tra i ritmi di bossanova.
Le tue braccia sono
lontane,
ricordo di un futuro
malconcio,
che ci troverà stanchi
prima ancora di passare.
Ma che sia almeno lo
stupore
di non averlo saputo
presagire
ad asciugare via da
questa pioggia
l’amarezza della
prevedibilità.
lunedì 10 settembre 2012
orizzontale e verticale (madre e padre)
Sarà quel figlio che non ho madre
che si dibatte dentro di me
per dichiarare il senso di me stessa
a farmi dormire serena.
a farmi dormire serena.
Quando la luna mi guarda oppure no
sento la terra e il mio sangue
e non li posso ignorare, madre
mentre a piedi nudi danzo
su passi inventati.
Sarà la scelta e la consapevolezza padre
ad illuminare quel poco
che mi permette di tenere alta la testa
su questo sentiero che diventa strada.
Il futuro è una linea verticale
e io farò quel che potrò, padre
tra i ricordi la polvere e il sangue
per salire sempre più in alto
e non cadere mai.
sabato 1 settembre 2012
luna blu (ovvero: il maglione)
Sa di te ed è bello come te
L’ho preso e l’ho buttato addosso alle transenne
Per liberarmene mentre ballando
Il vestito senza spalline mi scendeva un po’
Scoprendo il segno del costume sul seno
Con un gesto asimmetrico tra pensiero e volontà
I capelli di lato e gli occhi al cantante, bello anche lui
Ho lasciato scoperti il collo e la spalla
Li ho lasciati alla luna, rivolgendomi al palco
Ma la sentivo colpirmi la schiena, luna piena
Luna blu.
mercoledì 29 agosto 2012
la mattina
Attimi
Momenti fugaci
Istanti che passano al volo
Alcuni sono belli come le farfalle
Che ti si poggiano sul naso
Altri fastidiosi come le zanzare
E ti lasciano il prurito
Prima di dormire recito
I miei pensieri a memoria
Faccio di sì con la testa
E mentre scivolo nel sonno
Mi dico “domani lo faccio…”
Ma poi al mattino
Solo del sogno ho il ricordo
E mentre faccio colazione
Do l’acqua alle piante
Che gentili, ringraziano
Col loro profumo
Basilico, salvia, rosmarino
Buongiorno!
venerdì 24 agosto 2012
...e basta.
voglio un campo di grano bruciato dal sole
con le nuvole che mi porto da casa
bianco azzurro e giallo i colori negli occhi
voglio i soffioni da soffiare nel vento
con le nuvole che mi porto da casa
bianco azzurro e giallo i colori negli occhi
voglio i soffioni da soffiare nel vento
mentre sdraiata sto lì ad osservare
il punto d'orizzonte tra terra e cielo
il punto d'orizzonte tra terra e cielo
lunedì 30 luglio 2012
il riso e il pianto hanno un suono simile, se non le vedi occhi e labbra potresti confonderli

sabato 14 luglio 2012
equilibrio

C’è una scala che regge
un telo, sul mio balcone, in modo che mi faccia ombra nelle ore più calde del
giorno. L’ho messo io, e per farlo reggere ho messo le mollette dei panni, e l’ho
fissato così precariamente anche al tubo dell’acqua e alle ante di legno degli
scuri. È il telo arancione che uso per i pic nic, o per rivestire il materasso
rovinato che sta sul bancale esterno a mo’ di divanetto. L’ho comprato a Terni
quel telo gigante, l’ho preso con mia mamma il primo anno che sono venuta a
vivere a Roma. Si è sempre rivelato essere una delle cose più utili e versatili
che abbia mai avuto. Ora lo vedo volteggiare a seconda di come soffia il vento,
ma nella sua precarietà è da stamattina che si tiene in equilibrio. Alcune volte
qualche molletta salta, ma che importa? Ci sono qua io a prendermene cura e a
rimetterlo a posto, le poche volte che ce n’è bisogno. Mi sento come quel telo,
precaria come lui, tenuta in piedi per i capelli, da mani invisibili che hanno cura
di me. Grazie del sole, del cielo azzurro, del vento tra i capelli, e dell’equilibrio
che c’è, anche quando non sembra.
lunedì 2 luglio 2012
LUGLIO
si arroventano i pensieri
sotto questo sole di luglio
mi concentro per capire
ma riesco solo a sentire
un progressivo cedere
mi arrendo a questo abbraccio
e faccio quello che posso
per esporre al calore
tutta la pelle che ho
sotto questo sole di luglio
mi concentro per capire
ma riesco solo a sentire
un progressivo cedere
mi arrendo a questo abbraccio
e faccio quello che posso
per esporre al calore
tutta la pelle che ho
mercoledì 20 giugno 2012
non adesso
No
Non ancora
Non adesso
Non di nuovo
Non così presto
“Aspettami
Non sono pronta”
(sì lo so che sono in ritardo, io sono sempre in ritardo!)
Non arrivo mai in tempo
Trovo già tutto pronto
O ancora tutto da fare
È una linea che gira (grazie Francesco)
E non si ferma mai
Mi coglie sempre alla sprovvista
Sprovvista di tutto
Macchina fotografica compresa
“Torno su un momento a
prenderla”
Ed ecco che è già passata
E poi ritorna quando non me l’aspetto più
Mi sveglia strofinandomi la faccia
Sporca di rimmel e col segno del cuscino
Aspetta, aspettami, aspettatemi
“Arrivo, arrivo
Sono già quasi uscita
Sono già quasi pronta”
Ma non lo sarò mai del tutto
Ci sarà sempre una scarpa slacciata
O gli occhiali che non trovo
Ché poi senza non metto a fuoco
Potrei inciampare senza farlo apposta
Però ho rimesso lo smalto
E ho i capelli lunghi e belli
“Scusami, ecco: ho
fatto il prima possibile.
Sì lo so che sono in
ritardo, ma grazie di avermi aspettata.”
E tu, e voi
Perdonatemi, perché sarò sempre in ritardo
Non sarò mai pronta in tempo
E non avrò mai tutto a posto
Ogni volta ci sarà qualcosa
O la borsa o le scarpe o il sorriso
Sbagliati
Sarò sempre incasinata
Ho rotto l’orologio tanto tempo fa
Ma non trovo mai il tempo di ripararlo
lunedì 11 giugno 2012
neve
la neve bianca, soffice
la neve pura e candida
con gli occhi pieni
di questo candore
ti avvicini e la prendi
a mani nude e calde
ma provi dolore
e freddo: ti brucia.
e tra le dita arrossate
si scioglie per sempre
...la neve.
la neve pura e candida
con gli occhi pieni
di questo candore
ti avvicini e la prendi
a mani nude e calde
ma provi dolore
e freddo: ti brucia.
e tra le dita arrossate
si scioglie per sempre
...la neve.
domenica 10 giugno 2012
pioggia di lacrime
Ti voglio bene, ma non so di quale amore
vorrei vedere in te ciò che desidero
un giorno svegliandomi
trovarti per caso accanto a me nel letto
che dormi tranquillo e al sicuro
vorrei vedere in te ciò che desidero
un giorno svegliandomi
trovarti per caso accanto a me nel letto
che dormi tranquillo e al sicuro
Sicuro di me e sicuro di noi
vorrei stupirmi che è tutto vero
svegliarti con un pizzico
ed esser felice del poco dolore reale
che ti ho fatto per paura che non eri reale
vorrei stupirmi che è tutto vero
svegliarti con un pizzico
ed esser felice del poco dolore reale
che ti ho fatto per paura che non eri reale
Vorrei amarti come mi ami tu
e trovarmi bene e al sicuro anche io
e trovarmi bene e al sicuro anche io
Anche se sono carta e mi bagno
e poi mi dissolvo
tra le tue dita che mi hanno creduta vera
almeno per un po’
e poi mi dissolvo
tra le tue dita che mi hanno creduta vera
almeno per un po’
Con le tue lacrime scivolano le mie parole
sabato 2 giugno 2012
non so chi sono
non so cosa sono, non so chi sono
non so se ho i capelli lunghi o corti
lisci o ricci, non so cosa sono.
non c’è possibilità di soluzione
la seduzione è reale
e anche se le parole migliori
mi vengono da sbronza
sento di avere un sorriso buono
in tasca, e mentre ci frugo dentro
mi addormento
dormono i miei sensi
appoggiati a ieri
intorno non c’è niente
solo neve, e dei passi
questo grande schermo
questo grande vuoto
e la follia di fare
venerdì 25 maggio 2012
di te, finalmente parlo di te
Di te
Non ho mai parlato
Mai scritto niente
Dei tuoi occhi
Del profilo delle sopracciglia
E di quel piccolo neo su quella destra
Come il mio
Però ci penso spesso a quest’inverno passato con te:
Abbiamo visto cadere la neve insieme dalla mia stanza
L’abbiamo vista posarsi silenziosamente su Roma
Mentre abbracciati, guardavamo dal vetro appannato
Tu mi tenevi per la vita e io appoggiavo la testa sul tuo
petto
dolcemente
bevendo una tazza di tè
Che non ci piaceva nemmeno poi tanto
Però era importante
Come ogni altro piccolo dettaglio descritto
Come ogni pensiero che si trasformava in parole sulle nostre
labbra
Di te non ho mai scritto
Non ho mai detto di amarti
Però forse è stata solo una dimenticanza
E ora che tu non ci sei più
Che io e te non siamo più niente
Forse posso ammetterlo
E posso anche ammettere
Senza vergogna
Che mi hai ferita
Moltissimo
Di te
Non ho mai parlato davvero
Ho scritto un po’ di come mi sono sentita attraverso di te
Ma non ho mai descritto i tuoi occhi
O le tue mani
O quella stupida foto che ci ritrae insieme
In cui siamo bellissimi
E tu hai gli occhi chiusi, la mano sulla fronte e si
intravede quel neo sul sopracciglio
Quel neo proprio identico al mio
Con te è stato il festival delle prime volte
La prima volta che ho ascoltato la tua voce, col fiato mozzato..
La prima volta che ti ho visto
Che ha coinciso quasi immediatamente con la prima volta che mi hai
baciata
La prima volta che ti ho preso la mano
Violentemente, come a volerti dire che eri mio
La prima volta che abbiamo fatto l’amore
Ti ricordi? Eravamo a casa tua e io tremavo di paura ed
eravamo ubriachi e abbiamo fatto tanto rumore
Soprattutto nei nostri cuori
E poi, la prima volta che ti ho scritto, la prima volta che
tu hai scritto a me
Vorticavano i nostri pensieri
Ci siamo incasinati notevolmente a vicenda
Siamo stati inopportuni quanto basta davanti a tutti
Siamo stati bellissimi e tragici
Perché in fondo, lo sapevamo già
Ecco, forse quello che non ti ho detto, è che lo sapevo già
Che siamo stati un fuoco fatuo
E anche se mi manchi
Non vorrei mai più incontrarti
Di te
Non ho più memoria
Gli amici mi chiedono come va
E tu non sei nemmeno contemplato nelle risposte
Al punto che gli altri per sapere di te
Devono pronunciare il tuo nome
Allora
Ma solo allora
mi ricordo di te
però sei lontanissimo
Mi domando se sia stato un sogno e basta
Visitare tutti quei luoghi abbandonati insieme a te
Entrare nella loro oscurità
Mano nella mano
Affrontando la paura delle tenebre
Quelle di fuori e quelle interiori
E tu ti aggrappavi a
me
Come un bambino
Mi hai sempre considerato la più forte tra i due
E io alla fine non ce l’ho fatta
A reggere tutto il peso
E siamo crollati
Castello di sabbia
E come la sabbia adesso siamo indecifrabili
Indistinguibile l’ingresso
E anche se ritrovassimo la chiave
in nessun modo potremmo mai tornarvi dentro
perché l’ingresso ormai è solo sabbia
mercoledì 9 maggio 2012
vintage
La città è un salottino
dove tutti si conoscono
una danza dalle regole non
scritte
si tramanda con i gesti e con
gli sguardi
ci sono gruppi seduti sui vari
divani
vecchi e logori, rattoppati
mille volte
c’è qualcuno in poltrona da
solo
o con una dama appoggiata al
bracciolo
c’è chi sta alla finestra
perso nel fumo e nei ricordi
ma tutti si conoscono
e ogni passo di danza
è imparato a memoria
così c’è un momento
in cui la musica cambia
e i gruppi seduti si alzano e
si confondono
si sfiorano a vicenda mimando
la vita
cambiano gli equilibri
ma i marciapiedi sono quelli
sempre uguali
sempre gli stessi
e tutti si conoscono
e la danza ormai la conosciamo
a memoria.
domenica 29 aprile 2012
tu, io, noi.
Hai cambiato idea, cara amica. Scusami,
mi permetti di chiamarti così?
Anche se davvero credo di non
averti mai vista in faccia, e che i tuoi capelli rossi intravisti in foto erano
solo un riflesso dei miei, e la tua voce solo un’intuizione, e attraverso di
lei anche l’immaginarmi i tuoi occhi.
Ti ho costruita nella mia testa e
mi hai fatto paura, in un primo momento. Non volevo. Non dovevi. Non c’era
bisogno.
E invece sì. Non ricordo quando
né in quale stato mentale, ma ho preso coraggio e ti ho fatto diventare reale. E
tu sei proprio come me, cara amica. E sì, continuerò a chiamarti così.
Ti ho ritratta forte e
coraggiosa. Saprai di certo cosa fare, per non morire soffocata da croci che
non meriti.
Eccolo, il mio consiglio non
voluto, temuto come le mie labbra a venti centimetri dalle tue, e i nostri
occhi che si guardano fissi. Spaventate e tremendamente vicine e dannatamente distanti.
Ma io davvero ho chiesto aiuto e ringrazio. Ma io
davvero sono commossa a guardare quei pezzi di vetro, sanguinanti come le
nostre mani, con i riflessi dei nostri giovani visi di donne.
Solo una cosa volevo dirti: sii
forte, perdonati sempre, amati, trattati bene. Sempre, con affetto, tua G.
mercoledì 18 aprile 2012
che stupido il mio cuore
quando non vuole sentire ragione
e testardo si attarda
a pensare l'attesa
come la madre incinta
che attende
tra l'ansia e la gioia
di un pensiero quasi mistico
il suo bambino
che sciocco il mio cuore
quando sente d'avere ragione
facendo a pugni con la ragione
in un ring nel quale i due pugili
sono io e provo dolore
per l'uno e per l'altro
e comunque sempre
nell'attesa di qualcosa
che qualcuno vinca
che qualcuno perda
e che torni la pace
quando non vuole sentire ragione
e testardo si attarda
a pensare l'attesa
come la madre incinta
che attende
tra l'ansia e la gioia
di un pensiero quasi mistico
il suo bambino
che sciocco il mio cuore
quando sente d'avere ragione
facendo a pugni con la ragione
in un ring nel quale i due pugili
sono io e provo dolore
per l'uno e per l'altro
e comunque sempre
nell'attesa di qualcosa
che qualcuno vinca
che qualcuno perda
e che torni la pace
giovedì 12 aprile 2012
puntoquattro
dimmi che ci sei e che mi vuoi ancora
dimmi che sei vero e che mi tieni la mano
che non sono solo vecchi tramonti
o gocce di latte perdute nel lavello
le mattine che ti svegli
e che non mi trovi accanto
(scritto centocinquantanni fa, scherzo ma comunque almeno dieci anni fa)
dimmi che sei vero e che mi tieni la mano
che non sono solo vecchi tramonti
o gocce di latte perdute nel lavello
le mattine che ti svegli
e che non mi trovi accanto
(scritto centocinquantanni fa, scherzo ma comunque almeno dieci anni fa)
sabato 7 aprile 2012
Libertà (?)
Libera
È così che ora mi sento
Come strumento nelle tue mani
Ho lasciato che mi
suonassi
Mi sono lasciata esplorare a fondo
Ti ho permesso di suonare tutto
Perfino le corde più nascoste
Mi sono abbandonata
Al gioco sapiente delle tue mani
E posso dire che insieme
Siamo stati straordinari
In fondo a quel lago nero
Che ci stava soffocando
Alla fine, in qualche modo
Che non so bene spiegare
Tu hai smesso di suonarmi
Io ho smesso di concedertelo
E siamo tornati ad essere due
E io per conto mio
Mi sento di nuovo
E ancora una volta
Libera
sabato 31 marzo 2012
Sono ancora qua
E prego dio
E corteggio il destino
E rido e piango
E amo
Mentre cerco
Certo
Di capire
Tutto e niente
E vivo
Ecco
Sì, vivo.
martedì 6 marzo 2012
Dire Addio
Era difficile stare lì,
davanti a quella cassetta appesa alla colonna, davanti alla stazione. Che materiale
era? Ghisa, forse. La gente mi passava attorno, l’altoparlante annunciava i
treni, i ritardi e anche i treni dei desideri. C’ero io , davanti alla cassetta
postale, focalizzavo solo il rosso della ghisa e intorno a me uno sfondo
futurista come da elevata esposizione del rullino: strisce colorate, gialle,
luminose…mi ritornava giustamente alla memoria una fotografia trovata per
terra, giunta a me da lontano, in una busta, proprio nello stesso modo in cui
io mi accingevo a comunicare in quel momento.
Busta in mano. Controllo ancora
una volta il francobollo. “Cristo, ma quando è stata l’ultima volta che ho
affrancato una lettera vera?”
La busta è bianca, di
quelle corte, peccato: avrei preferito averne una di quelle lunghe, per poter
piegare i fogli in tre parti per il verso della lunghezza, ma tant’è, avevo
quella in casa, e allora ho piegato i fogli prima in due, e poi in quattro. La soppeso,
cercando di capire se pesi più o meno dei venti grammi per cui, se li
superasse, mi tornerebbe indietro non avendo pagato il supplemento. La giro e la rigiro tra le mani, controllo l’ortografia, sembra leggibile, anche il mittente è
chiaro. Sto lì incerta, non so in quale delle due feritoie inserirla, perché
hanno cancellato le scritte, una è per la città e l’altra per tutte le altre
destinazioni, questo me lo ricordo, però non mi ricordo se devo metterla a
destra o a sinistra. Sono incerta e quando faccio per lasciarla, la controllo
ancora una volta, cerco di convincermi che arriverà da qualche parte, cioè, che
arriverà alla destinazione prescelta, ma mi si stringe il cuore alla sensazione
di stare per affidare le mie parole ad un buco nero, da quale non so se
usciranno mai e nemmeno quando saranno ricevute. Se, saranno ricevute. Cerco di
sbirciare nell’oscurità all’interno della cassetta, ma non vedo niente. Magari la
mia è l’unica lettera inviata quel giorno. C’è scritto: “ritiro, dal lunedì al
venerdì, ore 12”
Sono le 11:45, basta. Lascio
cadere la busta nella fessura a destra. Appena lasciata il desiderio istintivo di
riprenderla è forte. Ma è impossibile. Anche l’irreversibilità del gesto mi
lascia sconcertata. Vorrei gridare e chiedere aiuto attorno a me, “aiutatemi,
voglio riprendermi la lettera, la voglio toccare, la voglio toccare ancora una
volta, aiutatemi a rompere, a fracassare questa cassetta di ghisa rossa”.
E invece, devo dirle addio
per sempre. Mi allontano, me ne vado mentre si sfoca dentro me il ricordo della
consistenza della carta, e anche quello che contiene, e tutto quello che mi
porto dietro io, invece, è un’infinita malinconia, il desiderio di restare,
qualche grammo di tristezza, che passerà, come sempre. Come tutto.
mercoledì 4 gennaio 2012
messaggi oscuri e voglia di ridere
Io in fondo non c’entro niente, non ho colpe, posso fare e
disfare sempre e come voglio. Mi dico così ma poi lo so che non è vero. Che la
vita è fatta male e nemmeno io sono inconsistente come una piuma, gravito sul
mondo come chiunque altro e, come chiunque altro, posso far male.
Vuole comunicare ma
non sa che cosa, nel provarci escono frasi sdentate e forse il vino con l’età
davvero annebbia il giudizio.
Moralità!
Malditesta, altro che moralità, ci siamo bevuti cose a caso
e nemmeno quello è bastato per evitare di ridere. Ma per fortuna! Che noia
sarebbe altrimenti. Ma tu, lo sai tu, cosa vuoi da me? Io non lo so. Mi guardo
allo specchio e penso che le vacanze mi fanno male, c’è ignavia e indolenza. C’è
anche tanta fantasia, però ci sono messaggi oscuri che mi stanno dicendo
qualcosa ma non riesco a decifrarli. Nell’attesa di capire provo a prendermi
poco sul serio e vado in cucina in cerca di qualcosa che mi faccia passare il
malditesta.
Si è decisa per un
sano e nutriente yogurt ai millecinquecento cereali che fabenedepurasgonfiaesnellisce…
(come la tisana: “snellente”, dice la confezione. Mi domando se questo
participio presente sia vero anche dopo uno dei qualsiasi pranzi di queste
feste…”che snellisce”! Ma come fa?! Con il potere delle parole?!?)
E quindi no…ecco…niente…è che…insomma sì buono lo yogurt
però… “vede vostro onore: erano lì, proprio davanti ai miei occhi, avrei potuto
essere più forte, ma! Vede, che ci vuole fare! È la determinazione che mi
manca!”
Oh basta insomma! C’è il pane, le salsicce secche…non ho
fatto colazione…però lo yogurt lo mangio lo stesso dopo, magari qualcosa fa.
Dubbi amletici si dipanano
ora sull’incommensurabilità tra pane e salsiccia e lo yogurt.
Nonostante il delirio il malditesta non passa, io ho
sbagliato a incollare i due pezzi di forex, nutro dei dubbi sull’utilità di
qualunque cosa e vedo le parole sbiadire fino a scomparire.
Prima di lasciare questo pezzo di carta virtuale cito il
post-it attaccato allo schermo, tanto per consolidare la mia solita prassi e il
mio amore per le citazioni: “ricordarsi di essere felici ogni volta che si può”.
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