mercoledì 8 settembre 2010

frasi pensate, vecchie, sperate.


Ma quando mi sono innamorata di te…io sono sicura, tu te nei accorto come un fulmine che ti colpisce addosso..non serve che tu mi dica niente, non serve obiettare, è così anche se vorresti credere di no, non mi freghi amore mio. Sono qui, siamo qui, passiamo e andiamo, voliamo e citiamo i discorsi dei poeti cercando, anche noi, la poesia. Adesso ascolto De Gregori. Mia mamma per la ninna nanna mi cantava “buonanotte fiorellino”. A dodici anni cantavo Rimmel nel bagno grande arrampicandomi sul lavandino per vedermi bene nello specchio, con i trucchi di mamma tutti attorno, con la massima incoscienza del “dopo”, dei suoi rimproveri; stavo insieme alla mia amica di sempre, mi ricordo bene: le cantavo rimmel, come se chissà cosa ci avessi capito del testo a dodici anni, eppure la sua voce mi aveva da sempre dato l’impressione di una certa profondità di contenuti, nonostante davvero, e adesso lo posso dire, non ci avessi capito proprio niente del testo. E poi…
Ne è passato di tempo, tanti tagli di capelli si sono succeduti, eppoi castani, biondi, rossi… tanti amici tante storie, per lo più platoniche e puramente immaginarie, tanto caos, tanta ribellione, tanta voglia di cambiare il mondo…tanta bella gioventù. Perduta come i sogni perduti. Ritrovarsi a 18 anni e non avere niente tra le dita, apparte qualche amico drogato, la morte che fa capolino con i primi parenti che se ne vanno, e tanti dubbi. L’aver messo in discussione tutto precocemente, troppo precocemente rispetto a quelli che mi stavano intorno, ha creato un alone, un’aura di distacco fisico, totale, tra me e “gli altri”. Che poi magari ci saranno stati anche giovani che, come me, scrivevano su libri e quaderni dissertazioni filosofiche su dio e sull’amore a tredici anni, non lo posso escludere: solo, io non ne ho incontrati.
Ma quello che volevo dire è che alla fine, tutto cambia. Il tempo passa. E tu sei uguale a quella ragazzina lì, che si ubriacava fino a vomitare in un delirio che voleva tragico per fare esperienza del tragico. Sperimentare. Sulla propria pelle. Esperimento vivente di se stessa, storia infinita di analisi e tentativi fatti su di sé. Alla fine tutto cambia. Crescere. Ritrovare il sorriso e le lacrime abbandonati a quattordici anni dopo aver deciso che bisognava lottare ed essere duri e forti come il Che. E ti sei ubriacata di questi ideali da sempre, e per sempre li avrai dentro. Però…certo che qualcosa da aggiungere adesso ce l’ho.
Noi siamo cresciuti alla fine delle grandi utupie, e dopo il primo scarto di puro individualismo degli anni ottanta, siamo cresciuti nella consapevolezza che esistevano una quantità di miti interminabile per ogni generazione che ci aveva preceduto. Ognuno di questi miti è stato un personaggio della storia, o un’idea, è stato qualcosa che ha trascinato la fantasia della generazione cui si riferiva. Oggi mi chiedo quali siano i nostri miti, il progesso, il socialismo, il rock and roll, gandhi, Che Guevara, Kurt Cobain… sono tutti miti passati, polverosi, usurati. Io li metterei tutti in soffitta. Ammetto che generalizzare così tanto, accostare Gandhi e Kurt Cobain, potrebbe scandalizzare qualcuno. Scandalizza anche una parte di me in effetti. Però proprio qui sta il punto: sono diventate parole che rimandano ad un immaginario impoverito dal consumo, dall’abuso. È quindi in questo senso che mi azzardo a metterli vicini, non già perché siano sullo stesso piano per contenuti, ma perché lo sono come consumo che di essi se n’è fatto.
Ognuno di noi, giovani moderni, giovani di oggi, giovani contemporanei o come cavolo vi piace di più definire la generazione di giovani che oggi vive il presente (che è questo qui, uno solo, non ce n’è un altro), insomma io e “gli altri” miei coetanei, possiamo scegliere tra una vastità infinita di miti, possiamo scegliere se deprimerci con Kurt Cobain o immolarci per un futuro migliore esasperando la lotta contro qualcosa in particolare. Siamo saturi di ideologie. Fortunatamente oserei dire. Non ci rimane altro che di ritornare alle idee, pure e semplici. Azzerando il contatore di miti cui fare riferimento, per prendere spunto da tutti e da nessuno come più ci piace e come più crediamo giusto per riformulare noi stessi, con le nostre parole, nuove finalmente, non masticate da bocche d’altri, le teorie sulla vita e sul mondo che ci potranno guidare nel bene e nel male, alla luce di pochi semplici concetti primordiali, e di tanta letteratura, di tutti gli stessi miti che, ormai in pensione, ritrovano ai nostri occhi di lettori disillusi (e poco inclini a intemperanze facinorose stile ’68) una loro ragione di essere più seria e realistica. Infatti credo proprio che noi dobbiamo gioire di non avere miti, o mitologie forti a cui credere ciecamente. Questa nostra disillusione ideologica penso che possa essere la giusta spinta verso un nuovo, radicale cambiamento. Il guardare tutto con occhio critico, senza glorificare nulla e senza demistificare allo stesso tempo nulla, credo che sia l’unico modo per poter conoscere bene anche le varie parti che nella storia si sono sempre fronteggiate con ostilità, senza mai per davvero conoscersi bene vicendevolmente, ma legate ad un campanilismo ancestrale, che fa del mio vicino il mio nemico, non si sa bene poi perché, forse per paura che mangi le carote del mio orto.
Forse è il peace and love anni settanta a guidare queste mie parole, forse io dentro di me sono così, ho questo mito dentro, però davvero credo che oggi a noi sia concesso di scarnificare questi miti, di ridurre all’osso la loro portata, e questo è un bene. Prendiamo spunto, studiamo in questa società diffusa, andiamo su google e ci informiamo sommariamente un po’ di tutto, poi ognuno prenderà la sua strada, si impratichirà di qualcosa e di quel qualcosa diventerà veramente il nuovo portavoce. Perché troppo è stato detto, troppo scritto, troppo disegnato o scolpito, troppo è stato infine costruito. Il messaggio globale di nuovo cambiamento, deve risuonare forte nei nostri cuori giovani e ancora un po’ ingenui, l’idea di avere carta bianca su cui scrivere il futuro ci deve pervadere. Si è vero: tanti casini tanto rumore, tanto precariato. Se ci limitiamo a lamentarci rimarremo per sempre bambini viziati legati alla sottana di mamma. Quello sul quale poggiamo i piedi è un mondo vecchio, logoro e stanco. Conoscere per capire, capire per risolvere. Alziamo la testa che questo è il momento. Stiamo col culo a terra e solo da qui ci si può rialzare.

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