martedì 23 aprile 2013

sono aria e sono vento


Ho deciso che parto.

Dove vado? Non si dice, te lo dico dopo che sono arrivata.

(la tendina azzurra respira l’aria che entra ed esce dalla stanza, finestre aperte e sole d’aprile, fiori d’aprile che non vedo ma sento, e soffioni che volano e mi portano lontano)


Tutto questo azzurro è il celeste del cielo, è il blu profondo degli oceani.

Ogni tanto in questi primi mesi dell’anno mi è capitato di sentire le cose in modo diverso dal solito. Sono io, o sono le cose, ad essere diverse, dottore?

(e penso ai fondali corallini del mar rosso a gennaio, alle risate di gioia che mi nascevano dentro quando, con la faccia nella maschera e la bocca nel boccaglio, sprofondavo gli occhi in distanze blu notte, e capovolgevo concetti di cromia e di forma grazie ai pesci intorno ai coralli)

Certo, ho visto cose straordinarie, in Egitto, in Israele, in Giordania.

(adesso penso alla settimana scorsa a Roma, quando ho trovato quel giardino, nascosto dietro al pratone vociante di Villa Ada: dall’apertura di un varco in un canneto poco distante, sono entrata in un mare di margherite bagnate dal sole tiepido del tramonto primaverile. I pini sullo sfondo tracciavano le lunghe ombre dei loro tronchi e tagliavano la luce in modo da renderla palpabile, un poco ovattata e piena dei semi di soffioni. Il cuore saltava di gioia, e dal petto non ho potuto trattenermi dal ridere forte)

Perché si piange, dottore?
(La vita non sembra far altro che offrirmi delicatamente ogni spunto per sorridere e ridere)

Un giorno decisi che mi sarei ricordata tutti i sogni che avrei fatto da quel momento in poi. E così è stato: schiava della mia volontà, mi sono vista svegliarmi da una me stessa estremamente attenta e precisa, ad ogni ora della notte, per ricordarmi di tutti i sogni che stavo facendo. Dopo una settimana con sveglie ripetute e continue, all’una, alle tre, alle cinque di notte, ho deciso che potevo ricominciare a dimenticare i miei sogni; e che, magari, qualcuno, ogni tanto, e solo in orari compatibili al risveglio. Ho cercato un accordo tra la giulia che vuole dormire e l’altra giulia che fa attenzione ad ogni cosa (e che non conoscevo, forse perché le ho sempre dato poco spago), adesso ogni tanto mi ricordo dei sogni, ma solo verso le sette, a volte quelli delle sei.


Insomma, io parto. Ho deciso.

Dottore, perché si piange?

Niente. La vita è un cespuglio di spine, e si perdono bottoni, si cercano lacci di scarpe per tenerli slacciati, si bevono parole come se fossero fatti, e dei fatti non se ne comprende più il perché.

Sono un cielo di primavera, sono il capriccio di una pioggia sottile, che va e viene, sono le nuvole che si aprono dopo il temporale, sono il vento freddo delle sere di aprile.

Mi manchi, e fa male. Ancora. Sono stupita quanto te, eppure…dicevamo, ti ho lasciato io, sai? Ma mentre parlavo eri già andato via, camminavi sulla spiaggia, ormai un puntino, le tue spalle nere nel cappotto.

Dottore, perché si piange? 
Ho delle buste della spesa tra le mani, sono sottili e trabordano di spazzatura, e fanno male, ma…cosa ci sia dentro, io non ci giurerei.

Ho deciso. Parto. 

Mi porto dietro le mie buste di plastica e i miei panni da stracciona. Recito a caso parole e percepisco carezze nei sorrisi della gente. Trovo banconote per terra e consumo la vita grazie alla carità di chi ha pietà per me.

Sono aria e sono vento. E sono sorrisi, anche quando piango.
Sarà che, nonostante tutto, è primavera. 

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