giovedì 4 ottobre 2012

A tempo determinato



Stiamo vivendo un periodo storico in cui pare essere stato abolito il concetto di eternità. Per carità, in certi casi non è un male, abbiamo forse in questo modo ridimensionato il nostro ego, ci siamo finalmente visti in prospettiva, ci siamo fatti piccoli piccoli e forse anche un po’ più umili. Il concetto di eternità a volte è dannoso.

Però se proprio non per l’eternità, almeno per l’arco di tempo della nostra vita,  cose come il lavoro a tempo indeterminato facevano comodo. Ora niente dura più di “tre barra sei mesi”.
Siamo abituati a pensare che probabilmente non staremo nella stessa città, con lo stesso lavoro, con la stessa donna, tra “tre barra sei mesi”.
Tutti gli stage durano “tre barra sei mesi”. La nostra unità di tempo lavorativa, ma poi in fin dei conti anche vitale, è diminuita un sacco. I dottorati che durano quattro anni sembrano un miraggio. E poi bisogna essere sempre pronti a partire, ad andare dovunque, lasciando tutto e tutti, perché questa è una situazione che ci richiede la capacità di mobilità, fisica e mentale. Non si tiene conto che magari certe volte partire provoca disturbi e malumori emotivi, perché come la metti la metti: trovarsi da soli in una nuova città, con tutti i tuoi amici e i tuoi legami da un’altra parte, è una situazione da schifo, almeno all’inizio, e beato chi ci riesce senza problemi.
Io, per conto mio, cerco in tutti i modi di allungare il mio “spazio temporale”.
Voglio stare nella stessa città per più di “tre barra sei mesi”.
Voglio un lavoro che mi duri, non dico tutta la vita perché a una certa età forse vorrei anche la pensione, ma comunque quasi tutta la vita, grazie.
Infine, non vorrei amare una persona diversa ogni “tre barra sei mesi”, voglio un amore a tempo indeterminato, e dopo che l’ho trovato vaffanculo a chiunque mi dica che oggi bisogna essere pronti ad andare a timbuctu.

1 commento:

Emmanuele Pilia ha detto...

E c'è da aggiungere anche una cosa, ossia che c'è chi è stufo di lottare ogni giorno come un leone per ottenere ciò che gli spetta. Il problema, forse, è che il mondo dei precari, occupati con P.IVA, ect, non hanno modo di difendersi contro chi, invece, ha per lo meno uno straccio di contratto...